Di nascenti amicizie, feste e lanterne

Will e Selene

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    La vita, per chi non ha mai avuto occasione di assaporarla in tutta la sua interezza, assume sempre una sfumatura ancora più invitante: è un pò come funziona tra i diabetici e una succulenta fetta di torta al cioccolato che non hanno mai potuto addentare e che passano la vita a chiedersi che sapore potrebbe avere il cioccolato sotto la lingua.
    Il tempo, in Paradiso, è infinitivamente più lungo che sulla Terra: e William, nel preciso intento di aiutare il fratello mischiandosi tra coloro che erano umani, aveva imparato tutto ciò che un ragazzo di diciassette anni avrebbe dovuto sapere, ma dato che in fondo sarebbe rimasto sempre un von Hale aveva studiato approfonditamente quelli che erano gli argomenti che lo interessavano di più e che avrebbero potuto essergli più utili nel contemplare la sua missione, la sua buona azione.
    Avrebbe ucciso suo padre con le proprie mani, se si fosse rivelato necessario ad aiutare Dam ad essere felice.
    Ma nulla gli impediva di farsi qualche amico, mentre i suoi giorni sulla terra passavano: ed era per quello che aveva invitato Selene alla Festa delle Lanterne di New York, dandole appuntamento - due giorni dopo quella festa tenutasi nella casa dei due gemelli- al Central Park da cui sarebbero andati insieme verso il parco giochi appositamente allestito su un lago creato artificialmente. Will avrebbe affittato una barchetta e da lì, insieme, avrebbero lanciato in aria le loro lanterne.
    Era stata una bella serata, quella in cui si erano conosciuti: Selene era una ragazza simpatica e allegra e Will adorava chi dimostrava positività ed allegria, essendo egli stesso esattamente quel tipo di persona che odia nascondersi dietro piagnistei e lacrime anzichè affrontare la vita.
    Avevano chiacchierato, riso e scherzato - e si erano allegramente strafogati- e poi Will l'aveva accompagnata davanti al campus, parlandole della festa e lasciandole un piccolo bacio sulla fronte in segno di saluto.
    Non sapeva cosa fosse l'amore o l'attrazione fisica, ma era abbastanza sicuro che per quello avrebbe avuto tempo. Voleva solo godersi la sua seconda chance senza troppe pretese, sospeso in un limbo che avrebbe dovuto affrontare più seriamente una volta che Dam fosse stato davvero felice.
     
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    SELENE JOHNSON
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    La timidezza aveva sempre rappresentato un muro invalicabile, per me, una nemesi che limitava il numero di amicizie e conoscenze alla sola grande famiglia circense, sebbene dovessi ammettere che in fin dei conti ero riuscita più o meno a cavarmela, quando ero giunta al campus.
    I primi giorni erano stati difficili, se non traumatici: sentivo la costante mancanza del circo, della mia famiglia, di Baghera, di Mufasa... Li avrei voluti portare con me, ma d'altra parte comprendevo che tenere una pantera e un leone -e, se vogliamo dirla tutta, anche un elefante, una tigre e una scimmia- come animali domestici, fosse praticamente cosa inusuale e soprattutto pericolosa per l'incolumità degli altri studenti. Certo, non avrebbero fatto del male ad una mosca, ma come spiegarlo anche al resto del mondo? Si trattava pur sempre di predatori e la ragione comune li poneva in un ambiente selvaggio, dove l'unica morale insita era rappresentata dalla legge del più forte.
    Che, a dire il vero, era un poco anche la filosofia dell'intero campus.
    Ancora non ero riuscita ad ingranare bene i forti ritmi che scandivano quello strano e nuovo ambiente, né tanto meno avevo avuto la fortuna di farmi degli amici al di fuori di Euphemia: non mai stata difatti motivo di orgoglio per mio padre, Ares, e per via della mia indole prettamente pacifica anche i miei stessi fratelli avevano preso ad evitarmi. Sì, insomma, ero praticamente un controsenso, una vergogna per loro.
    E poi, ad una festa organizzata da alcuni dei semidei più popolari del campus, avevo conosciuto Will. Avevo passato una buona manciata di minuti con le mani stampate sulla faccia per via della vergogna generata dalla mia goffagine -gli ero infatti praticamente caduta a dosso- e solo quando fui sicura della sua completa affabilità riuscii a calare piano le dita dal volto, rivelandolo in preda ad un rossore indecente.
    Il resto della serata era trascorso tranquillo, tra bonarie chiacchiere e risate che mi fecero comprendere quanto quel ragazzo, di angelico, non possedesse solo il volto.
    Era stato facile parlare con lui e, cosa che avveniva assai raramente, era stato in grado di mettermi a mio agio. A fine serata era stato poi tanto gentile di riaccompagnarmi a casa e, prima di andarsene, mi aveva scoccato un'affettuoso bacino sulla fronte, proprio come un fratellone maggiore avrebbe fatto con la sorellina.
    Quella notte non avevo chiuso occhio, emozionata com'ero da quel bacio e dalla promessa che lo avrei rivisto a breve, alla Festa delle Lanterne.
    E, quasi senza preavviso, quel giorno era arrivato: l'appunto era a Central Park, che raggiunsi senza troppa difficoltà servendomi dei mezzi pubblici.
    Scesi dall'autobus rassettandomi la gonna e tirandomi giù le maniche lunghe della fin troppo grande felpa della Coca Cola, affinché riuscissero a coprirmi anche la punta delle dita. Nonostante il clima primaverile, infatti, la leggera brezza invernale non era ancora andata completamente in letargo, pizzicando così viso e mani.
    Mi strinsi nelle spalle, camminando in un Central Park notturno, opportunamente illuminato da lampioni e lucette varie, che contribuivano a creare un delizioso contrasto tra luce e ombra.
    Non sapevo, a dire il vero, quale fosse il reale punto dell'incontro ma, per andare sul sicuro, mi sedetti su una panchina abbastanza vicina all'entrata ufficiale, guardandomi poi intorno nel tentativo di scorgerlo.
    Ebbene si, era in momenti come questi che la presenza di un cellulare si rivelava fondamentale!
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    Riuscì ad individuare la presenza di Selene grazie alla propria Grazia la quale suggerì che dovesse trovarsi davanti all'entrata del Luna Par che era stato allestito per l'occasione. Alzandosi con fiducia, Will segì la direzione che il suo istinto gli indicava, individuando immediatamente Selene.
    La chiamò, raggiungendola.
    «Ehy! Ti ho vista da lontano» la salutò, sorridendole allegramente prima di chinarsi a baciarle una guancia, costatando che la temperatura della sua nuova amica fosse decisamente glaciale. «Oddio, ma stai congelando!» ammise, togliendosi premurosamente la giacca.
    Gliela poggiò sulle spalle sottili, assicurandosi che la coprisse per bene: era un angelo, William, non aveva nemmeno un pò della parte umana che lo aveva contraddistinto da bambino, almeno fisicamente parlando. Non soffriva caldo e freddo e mangiava solo per salvare le apparenze, non potendo provare un vero e proprio senso di fame.
    «Come stai? Ti ho pensata moltissimo, sai? Ho pensato che sarebbe davvero un onore poter farti da insegnante, così da farti recuperare le lacune: sarà divertente e mi darà un'occasione per passare del tempo insieme!» era stato un pensiero senza malizia, che avrebbe ottenuto - almeno nelle intenzioni dell'angelo- l'unire l'utile al dilettevole, aiutando Selene e consentendo ad entrambi di passare un pò di tempo insieme, divertendosi.
    «Potresti presentarmi la tua famiglia e persino i tuoi animali, l'altra sera quando ne parlavi..» anche se era strano sentir discorrere di pantere, elefanti e scimmie come di animaletti domestici da coccolare, ma era stato felice di vedere che dietro quella spessa corazza di timidezza si nascondesse una ragazza così solare, allegra ed affettuosa. «... sembravi essere tanto entusiasta! Magari non sono esattamente il tipo di persona che va d'accordo con pantere e tigri, ma potrei fare un'eccezione, ecco» annuì, sorridendole, prima di rendersi conto che stava dicendo tutto quello come se sarebbe stato ovvio che Selene fosse d'accordo.
    Quasi come se avessero sempre fatto così.
    «Giuro che se non vuoi evito di insistere» soggiunse piano.
     
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    Mi strinsi nelle spalle, non potendo fare a meno di pensare a quanto fossi stata sciocca a non portare anche il cappotto. L'aria primaverile mi aveva indubbiamente ingannata e dato che fino a qualche secondo prima di scendere dall'autobus avevo piacevolmente crogiolato il mio esile corpicino nel tepore del riscaldamento, adesso mi ritrovavo a subire in modo ancor più intenso i leggeri spifferi del venticello serale.
    Accidenti alla tua sbadata testolina, Sele!
    Senza contare che di Will non vi era ancora alcuna traccia, cosa che mi portò a ispezionare visivamente il parco a destra e a manca, mentre l'ipotesi che avessi sbagliato il luogo dell'incontro si stava facendo sempre più probabile.
    Sbuffai quasi immalinconita dalla mia stessa stupidità, puntando gli occhietti sulla nebbiolina calda in netto contrasto con l'aria fresca della sera.
    Finché una voce familiare non destò la mia attenzione, facendomi sorridere.
    «Ehy! Ti ho vista da lontano» mi salutò, chinandosi per baciarmi una guancia. Arrossii d'impatto, ma questo non impedì di alzarmi e ricambiare la cortesia, premendo appena le labbra sulla sua guanciotta sinistra.
    «Incominciavo a temere di aver sbagliato posto, sai?» ridacchiai appena, le gote un poco più rosse. «Di solito sono una vera e propria frana e... Non conosco benissimo New York, mi sono basata a dire il vero sulle indicazioni stradali. Penso che il conducente dell'autobus mi abbia odiata: ad ogni fermata gli domandavo dove fossimo!» arricciai il nasetto in una smorfietta per schernirmi, come ero solita fare nelle situazioni imbarazzanti.
    «Oddio, ma stai congelando!» constatò lui, accorgendosi forse di come le mie dita si fossero rintanate in letargo sotto le maniche dell'ampia felpa.
    Prima che potessi rassicurarlo, si tolse la giacca con disinvoltura e l'adagiò sulle mie esili spallucce: era piuttosto grande, dovevo ammetterlo, ma calda e confortevole.
    «Grazie» gli sussurrai, arrossendo un poco. «Mhm, ha il tuo profumo! Sa di dolci e di buono!» constatai, sprofondando all'interno della calda giacchetta. «Ma tu non avrai freddo?»
    Non volevo rischiare che si ammalasse, non per colpa della mia sbadataggine, almeno.
    Ma non feci in tempo ad esternare la mia preoccupazione che Will prese la parola, sorridendomi come solo un angelo avrebbe potuto fare.
    «Come stai? Ti ho pensata moltissimo, sai? Ho pensato che sarebbe davvero un onore poter farti da insegnante, così da farti recuperare le lacune: sarà divertente e mi darà un'occasione per passare del tempo insieme!»
    Dire che fossi entusiasta del fatto che sarebbe divenuto il mio maestro, corrispondeva solo di un mero eufemismo: ne avevamo parlato quel giorno alla festa, la notizia non era di certo nuova, ma la felicità provata era qualcosa che non riuscivo neanche a descrivere a parole.
    Era la prima volta che mi facevo un vero e proprio amico, la prima in sedici anni di vita.
    Superata la fase della timidezza, quindi, mi slanciai verso di lui e gli buttai letteralmente le braccia al collo.
    «Non sai quanto questo mi renda felice!» esclamai, in punta di piedi, affondando sul suo petto. «Purtroppo, come già ti dissi alla festa, non ho mai avuto occasione di frequentare una scuola pubblica e gli unici che si preoccuparono della mia istruzione furono i membri della mia grande famiglia» arrossii appena, distaccandomi da quell'abbraccio.
    «Potresti presentarmi la tua famiglia e persino i tuoi animali, l'altra sera quando ne parlavi..» disse poi.
    Per poco non sgranai gli occhi dallo stupore.
    Nessuno aveva mai espresso il desiderio di conoscere la mia famiglia, né tanto meno i particolari amici a quattro zampe con i quali ero cresciuta.
    Will era decisamente stato il primo.
    «... sembravi essere tanto entusiasta! Magari non sono esattamente il tipo di persona che va d'accordo con pantere e tigri, ma potrei fare un'eccezione, ecco» un sorriso rassicurante si stampò sul suo bel volto.
    «Giuro che se non vuoi evito di insistere»
    Ecco, Sele, il tuo sguardo da pesce lesso lo ha fatto tornare sui suoi passi!
    Perché, a dire il vero, anche la mimica facciale -che il più delle volte mi rendeva tanto simile ai clown del circo- esprimeva appieno la sorpresa scaturita dalla sua semplice e inaspettata richiesta.
    «E' che...» iniziai, addolcendo lo sguardo. «Nessuno me lo aveva mai chiesto prima» ammisi.
    «Si, insomma, non tutti danno per buoni i rapporti con i membri circensi delle varie compagnie, spesso a dire la verità vengono derisi dalle classi più ricche» spiegai, facendo spallucce. «E devo ammettere che la tua richiesta mi ha a dir poco entusiasmata! Sì, insomma, non vedo l'ora di farti conoscere proprio tutti! E non preoccuparti per Baghera e Mufasa, loro mangiano ad orari stabiliti e sono i felini più teneri del pianeta!»
    E, frugandomi frettolosamente nelle tasche -tirando anche fuori qualche banconota e spicciolo alla rinfusa- gli mostrai una foto che mi ritraeva con i due felini.
    «Lui è Baghera» iniziai, indicandogli la tigre dal manto nero. «E lui Mufasa!» stavolta toccò al leone, un perfetto esemplare di quasi quattro anni.
    «Lo so, ho scelto dei nomi molto originali, però stanno loro incantevolmente!» e scorrendo sopra col ditino, gli indicai anche gli altri componenti della truppa. «Poi ci sono Brenda e Billie» presentai, prima soffermandomi sulla giraffa e poi sul piccolo elefantino. «La scimmietta Chica e la giumenta Penelope! Gli altri purtroppo non ci sono, ho scattato la foto con loro mentre eravamo in viaggio e il resto della truppa si è ritrovato stipato in carri differenti»
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    «Incominciavo a temere di aver sbagliato posto, sai? Di solito sono una vera e propria frana e... Non conosco benissimo New York, mi sono basata a dire il vero sulle indicazioni stradali. Penso che il conducente dell'autobus mi abbia odiata: ad ogni fermata gli domandavo dove fossimo!»
    Will rise, scuotendo il capo.
    Non credeva che qualcuno avrebbe mai potuto prendere in antipatia la dolce Selene, con quel suo aspetto da eterna bambina e i modi dolci e gentili che avrebbero aiutato anche un cuore di pietra a sciogliersi.
    «Oh non sapevo tu fossi una sadica torturatrice di poveri conducenti di autobus! E io che ti ritenevo tanto carina e dolce» la prese amabilmente in giro, scuotendo il capo con un sorriso divertito.
    «Prometto che la prossima volta verrò a prenderti di persona» annuì poi, appena più serio: di certo non poteva usare i suoi sensi di angelo per trovarla in Vietnam, magari in un qualche tempio nascosto su chissà che montagna!
    Non per qualcosa contro la povera Selene, certo, era solo che i suoi poteri preferiva usarli molto raramente e quando non c'era altra scelta.
    Le prestò volentieri la sua giacca, non avrebbe voluto vederla patire il freddo, ma glissò immediatamente la sua preoccupazione riguardo il suo patire, a sua volta, le poco favorevoli condizioni atmosferiche, ribadendole la sua decisione di farle da tutor.
    Cosa che sembrò rendere, peraltro, Selene felice come non mai visto il modo entusiastico con cui lo abbracciò di slancio.
    «Non sai quanto questo mi renda felice! Purtroppo, come già ti dissi alla festa, non ho mai avuto occasione di frequentare una scuola pubblica e gli unici che si preoccuparono della mia istruzione furono i membri della mia grande famiglia» la strinse dolcemente a sua volta, lasciando che una piccola risata lo scuotesse.
    «Beh non avranno nulla in contrario, spero» disse. Ovviamente le avrebbe procurato libri adatti, comprendendo che da sola Selene non ce l'avrebbe mai fatta.
    Poi, quando le chiese di conoscere anche i suoi amici animali, la ragazza sembrò rimanerci tanto sorpresa da preoccuparlo.
    «E' che... Nessuno me lo aveva mai chiesto prima. Si, insomma, non tutti danno per buoni i rapporti con i membri circensi delle varie compagnie, spesso a dire la verità vengono derisi dalle classi più ricche. E devo ammettere che la tua richiesta mi ha a dir poco entusiasmata! Sì, insomma, non vedo l'ora di farti conoscere proprio tutti! E non preoccuparti per Baghera e Mufasa, loro mangiano ad orari stabiliti e sono i felini più teneri del pianeta!»
    «Spero che non decidano di usarmi come dessert» ribattè ironicamente, guardando con un sorriso intenerito le foto che Selene si affrettò a mostrargli. «Sono molto carini» ammise, infine, prima di sorriderle più ampiamente. «Ci avviamo? Muoio di fame!» aggiunse, sentendo il suo stomaco brontolare
     
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    SELENE JOHNSON
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    «Oh non sapevo tu fossi una sadica torturatrice di poveri conducenti di autobus! E io che ti ritenevo tanto carina e dolce»
    Will aveva il potere di far apparire spontanei sorrisi anche sulle labbra di personcine estremamente timide come la sottoscritta: era stata proprio questa la causa delle mie pochissime amicizie al campus -a parte ovviamente la bella Euphemia, la quale in qualche modo mi aveva indirizzato sullo stesso cammino di Will- nonostante il mio fosse un carattere piuttosto spensierato, alla fin fine. Cosa che, a quanto sembrava, non andava poi molto a genio a miei fratelli, figli di Ares: erano amanti della guerra, di una bellicosità e tenacia che non possedevo affatto e che con ogni probabilità non avrei acquisito neanche in un futuro prossimo. Non amavo creare scompiglio e provocare sofferenza a terzi, spesso e volentieri mi sentivo in colpa anche a cogliere i fiori!
    E poi i miei poteri... Quelli rappresentavano davvero un capitolo a parte: erano semplicemente in grado di distruggere, demolire, sopprimere, bruciare. A cosa avrebbero mai potuto portare se non morte e desolazione? No, non ne avrei fatto uso mai e poi mai, a costo di incorrere nell'ira di un padre già abbastanza sdegnato per via dei miei progressivi insuccessi durante gli allenamenti.
    «Ehi!» lo rimbeccai divertita, arricciando il naso in un'espressione fintamente offesa. «Hai ufficialmente offeso i miei sentimenti, sappilo, avvocato di conducenti di autobus!» e, divertita, mi permisi di fargli una linguaccia.
    Di norma non mi sarei lasciata trasportare da simili confidenze -soprattutto se l'interlocutore in questione era un ragazzo palesemente carino- ma Will aveva avuto il potere di conquistarsi la mia fiducia man mano, cosa che aveva portato entrambi verso la strada per una nascente e duratura amicizia.
    «E poi è solo la seconda volta che prendo l'autobus in vita mia. E sì, ero agitata come alla mia primissima esibizione in pubblico... A circa tre anni. Ed è strano, perché di norma ero fin troppo piccina, ma ricordo tutto come se fosse ieri!» aggiunsi emozionata, gli occhi velati di una palese eccitazione.
    «Prometto che la prossima volta verrò a prenderti di persona» mi promise Will, dopo aver ascoltato le mie avventurose peripezie nella famosa New York.
    Arrossii appena, aprendomi in un sorriso.
    «Sei sempre molto gentile, sai?» ammisi, stringendomi ancor di più nella sua felpona, accucciandomi con la testolina nel morbido dell'imbottitura. «Ma... Hai già la patente? Non per nulla, ma sembri essere molto giovane e... Penso di non sapere affatto la tua età!» mi espressi in una piccola smorfietta, arrossendo.
    E, invero, una delle poche cose che non sapevano l'una dell'altro era proprio l'età, fattore assai irrilevante per due persone che si erano riscoperte a parlare una stessa lingua, dimostrando fin da subito un legame che trascendeva dalla semplice componente fisica.
    Fin dal nostro primo incontro avevamo preso a chiacchierare del più e del meno -sì, insomma, all'inizio lui chiacchierava e io ascoltavo, ma diciamo che mi ripresi sul finale!- soffermando l'attenzione su molteplici argomenti di vita quotidiana, come ad esempio la famiglia, la scuola, gli amici...
    Tutte cosucce che, nel mio piccolo, erano sempre state un poco approssimate: non avevo mai avuto amici prima di Euphie e, a parte i vari fratelli a quattro zampe del circo, la mia famiglia era rappresentata da circa un centinaio di persone, che col passare del tempo mi avevano resa partecipe di un insegnamento tutto loro, senza che avessi mai avuto il bisogno fisico di iscrivermi in una scuola pubblica.
    Ma d'altra parte come avrei mai potuto parteciparvi se ogni mese la famiglia circense levava le tende alla volta di un'altra città?
    Non c'era dunque da stupirsi se rimasi del tutto meravigliata quando Will manifestò il desidero di conoscere tutta l'allegra combriccola, premurandosi di insegnarmi anche le basi delle conoscenze comuni.
    «Beh non avranno nulla in contrario, spero» aggiunse poi, riferendosi alla mia grande e alternativa famiglia.
    Scossi il capo con veemenza, mettendo entrambe le mani in avanti.
    «Oh no no no!» esclamai. «Loro sono i primi a spronarmi verso nuove amicizie e spesso, vedendomi tornare a casa da sola, si domandano dove abbiano sbagliato!» ridacchiai divertita, al solo ripensare alle espressioni di alcuni membri della compagnia. «Saranno felicissimi di conoscerti, ancor più di sapere che mi insegnerai la storia, la letteratura e la matematica! Anche se non ho mai avuto particolare affinità con i numeri, ma non importa, non vedo l'ora di iniziare!» e, lasciandomi trascinare dalla foga del momento, lo abbracciai stretto, ancora una volta.
    Fu quando gli presentai parte dei miei amici felini che Will sperò di non esser scambiato per dessert, cosa che suscitò l'aprirsi di un ampio sorriso sul mio volto.
    «Nahhhhh, al massimo ti slinguazzeranno per bene e ti relegheranno a funzione di giochino!» mi grattai una guanciotta divertita. «Ma tranquillo, non farebbero del male ad una mosca! E tu sei decisamente più grande di un insetto, signorsì!»
    Will mi rivolse un sorriso luminoso, angelico ed estremamente contagioso.
    «Ci avviamo? Muoio di fame!» aggiunse poi, al brontolare dello stomaco.
    Seppellii le dita nelle ampie maniche della felpa, annuendo col capo.
    «Assolutamente sì! Incomincio ad avere fame anche io, ed oggi putroppo non ho mangiato come si deve per via di alcuni nuovi numeri da esibire in anteprima nello spettacolo di venerdì» arrossii, senza un motivo apparente.
    "Perché non inviti qualche tuo amico, Sele? E' ora che te ne faccia, al campus! Non vorrai rimanere una piccola Mowgli per tutto il resto della tua vita, vero?"
    Le parole di Yolanda iniziarono a ripetersi incessantemente nella mia testolina, suggerendomi l'ovvio. Eppure, il solo pensiero che Will avesse potuto vedermi pasticciare sul palco, mi faceva salire una strana agitazione, che solitamente non aveva mai turbato la buona riuscita di un'esibizione.
    Fallo Sele, su, non accadrà nulla vedrai, e Will di certo non ti mangia!
    «Uhm, mi stavo chiedendo...» deglutii, lasciando che le guance si imporporassero. «Se... Venerdì prossimo saresti libero per lo spettacolo, sì!» dissi tutto d'un fiato, confusamente. «Ho dei biglietti in omaggio, ma se non puoi o non ti piacciono le esibizioni circensi non fa nulla, sul serio!»
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    Stare in compagnia di Selene gli faceva bene.
    Non solo perchè quella ragazzina aveva un pò la sua stessa anima allegra e priva di nubi - almeno per la maggior parte, giacchè nessuno è esente da preoccupazioni e privazioni- ma anche perchè erano entrambi essenzialmente molto soli, sebbene Selene lo fosse in maniera più manifesta del più solare ed aperto William.
    «Ehi! Hai ufficialmente offeso i miei sentimenti, sappilo, avvocato di conducenti di autobus!»
    Scosse il capo con fare teatrale.
    «Il potere del denaro non mi fa vedere il tuo piccolo adorabile broncio!» replicò, prima di scoppiare a ridere.
    «E poi è solo la seconda volta che prendo l'autobus in vita mia. E sì, ero agitata come alla mia primissima esibizione in pubblico... A circa tre anni. Ed è strano, perché di norma ero fin troppo piccina, ma ricordo tutto come se fosse ieri!»
    «Ricordi la tua prima esibizione a tre anni e non la strada per arrivare a Central Park? Tu si che rappresenti il concetto di normalità in ogni sua forma: mi procurerò una medaglietta di cioccolato da appuntarti al petto la prossima volta che ci rivedremo!» perchè era ovvio che si sarebbero rivisti, Will lo sapeva. Selene gli piaceva e la prospettiva di doversi staccare da lei... Era dolorosa, molto semplicemente.
    Le propose dunque di andarla a prendere lui stesso, la prossima volta che si fossero visti e la vide arrossire.
    «Sei sempre molto gentile, sai? Ma... Hai già la patente? Non per nulla, ma sembri essere molto giovane e... Penso di non sapere affatto la tua età!»
    Finse di offendersi.
    «Mi stai dando del tredicenne, per caso?» chiese retoricamente. Poi rise e scosse il capo. «Ho diciotto anni, comunque. Ho la patente e la maggior parte della gente che sceglie di suicidarsi salendo in macchina con me rimane molto delusa» le disse, con un occhiolino.
    Proporle di farle lezioni era stato quasi un passo obbligato. Non che si sentisse obbligato nel vero senso della parola, ma sarebbe stata una buona azione da fare e quel qualcosa che lo aveva spinto a passare la sera di quella festa con lei era un'ottima buona causa aggiunta.
    «Oh no no no! Loro sono i primi a spronarmi verso nuove amicizie e spesso, vedendomi tornare a casa da sola, si domandano dove abbiano sbagliato! Saranno felicissimi di conoscerti, ancor più di sapere che mi insegnerai la storia, la letteratura e la matematica! Anche se non ho mai avuto particolare affinità con i numeri, ma non importa, non vedo l'ora di iniziare!»
    Cercò di immaginarsi la scena di Selene che tornava a casa mogia mogia e alzava un cartello con su scritto zero mentre una variegata famiglia circense andava via delusa e dovette trattenere una risatina.
    «Sono universalmente riconosciuto come un rompiballe, veramente. La gente mi vede per strada e cerca di capire la via di fuga più efficace» replicò. Avrebbe potuto aggiungere di essere esplosivo ma essendo morto con una pallottola in petto preferì lasciare perdere.
    «Nahhhhh, al massimo ti slinguazzeranno per bene e ti relegheranno a funzione di giochino! Ma tranquillo, non farebbero del male ad una mosca! E tu sei decisamente più grande di un insetto, signorsì!»
    Rise.
    «Chi non sogna di baciare per la prima volta un animaletto?» osservò ironicamente.
    Le propose di andare a mangiare qualcosa, il famoso appetito dei von Hale che si faceva sentire, e Selene accettò: entrarono nel coloratissimo parco giochi, pieno di gente, luci, giochi e piccoli negozietti nonchè chioschetti e bancarelle.
    Will si diresse verso un ristorante dall'ottima cucina italiana, chiedendo ad un cameriere un tavolo per due. Venne immediatamente accontentato e fu lui a scostare la sedia per Selene, facendola accomodare.
    «Uhm, mi stavo chiedendo...» si sedette, rivolgendole un sorriso incoraggiante. «Se... Venerdì prossimo saresti libero per lo spettacolo, sì! Ho dei biglietti in omaggio, ma se non puoi o non ti piacciono le esibizioni circensi non fa nulla, sul serio!»
    La guardò spiazzato, prima di annuire.
    «Certo, perchè no? Perchè pensavo di chiedere alla tua grande famiglia il permesso di corteggiarti» mormorò di rimando. Le sorrise e poi semplicemente successe che William si chinasse e baciasse Selene sulla bocca, donandole il suo primo bacio di entrambe le vite che aveva vissuto.
     
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    SELENE JOHNSON
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    «Il potere del denaro non mi fa vedere il tuo piccolo adorabile broncio!»
    Scoppiai a ridere insieme a lui, spensierata e con gusto. Will sarebbe stato capace di strappare sorrisi anche ad un masso o a qualsiasi altra entità inanimata, stravolgendo le leggi della natura: era estremamente facile parlare con lui, proprio come bere un bicchier d'acqua o affondare il musetto dentro una scatola di gelato al cioccolato. E, a dire il vero, Will ricordava un poco il sapore fresco della nocciola e la cremosità della panna, così come i suoi modi cortesi e spiritosi sembravano appartenere ad un ragazzo delle epoche passate, in quanto a galanteria. Tutte piccole piccolissime sfumature di una personalità energica e allegra che non avevo esitato a conoscere, sebbene non gli avessi ancora rivelato il mio segreto più grande, riguardante la natura alternativa che avvolgeva la mia intera esistenza. Sì, insomma, già il fatto che lo avessi incontrato alla festa dei semidei aveva un suo perché -sicuramente era a conoscenza di ciò che celava l'altra facciata del mondo- e magari non si sarebbe stupito se avessi deciso di confessargli di quali poteri ero in possesso.
    Il problema sostanziale era tuttavia solo uno: mi vergognavo decisamente dei miei poteri, anche del più banale. Non erano in grado di curare, né di aiutare gli altri o apportare migliorie di alcun genere: la loro caratteristica predominante era invero quella di distruggere, disgregare, incendiare, spazzare via tutto ciò che di bello e vivo fosse presente sulla faccia della terra.
    E nessuno, neanche la mia famiglia, era a conoscenza del fatto che mi vergognassi a tal punto da non volerli più usare, né sentirli fluire nelle mie vene come sangue.
    «Ricordi la tua prima esibizione a tre anni e non la strada per arrivare a Central Park? Tu si che rappresenti il concetto di normalità in ogni sua forma: mi procurerò una medaglietta di cioccolato da appuntarti al petto la prossima volta che ci rivedremo!»
    Ridacchiai, alzando un sopracciglio e guardandolo divertita.
    «Temo proprio che quella medaglietta possa fare una brutta fine sai?» ed era vero, perché andiamo, chi non resisteva all'aroma cioccolatoso dei dolci? «Non durerebbe neanche un'ora, conoscendomi, anzi! Sfido anche te ad avere appesa al collo una medaglietta di cioccolato e non cadere in tentazione!» ridacchiai, abbandonandomi a quell'ilarità propria e allo stesso tempo contagiosa.
    Notai un leggerissimo broncio divertito quando gli domandai se avesse o meno la patente, dato che -altezza a parte- il suo visino non sembrava poi meno coetaneo del mio.
    «Mi stai dando del tredicenne, per caso?» ribattè divertito.
    Arricciai il nasino, alzando spallucce. «Mhm... Forse!»
    Will rise e scosse il capo, palesemente divertito.
    «Ho diciotto anni, comunque. Ho la patente e la maggior parte della gente che sceglie di suicidarsi salendo in macchina con me rimane molto delusa»
    Aveva un umorismo disarmante ed estremamente bonario, il caro Will, impossibile non arrossire o ricambiare quei sorrisi contagiosi!
    Accidenti a te, Sele, ti stai rincitrullendo forse?
    «Ehi, sono ancora troppo giovane per morire!» ribattei, fintamente preoccupata, stando dunque al gioco. «E comunque non ti facevo tanto grande, anche se due anni di differenza non sono poi molti. Sì, insomma, altezza e appetito a parte, sembri più piccino» e arrossii, abbassando lo sguardo intimidita.
    L'idea di iniziare presto lezioni private con un fenomeno dello studio come il mio nuovo e altruista amico, mi aveva resa euforica a dir poco: se i miei capelli rossi avessero avuto vita propria, forse si sarebbero accesi come quelli di Ade nel cartone di Hercules.
    «Sono universalmente riconosciuto come un rompiballe, veramente. La gente mi vede per strada e cerca di capire la via di fuga più efficace» ammise.
    Lo ammonii con un divertito gesto della mano, volto a rappresentare un palese "ma non diciamo baggianate!".
    «Sei universalmente riconosciuto come un ragazzo adorabile invece! Chi a parte te si sarebbe offerto di dare lezioni private a gratis ad una pasticciona nonché pericolo pubblico ambulante come me? Mi spiace ma in lista d'attesa ci sei solo tu!» e, abbandonandomi alla troppa euforia, lo abbracciai come un panda avrebbe abbracciato un albero.
    Tra abbracci e risate varie, Will propose di andare a mangiare qualcosa, idea che accolsi in seduta stante, dato il brontolare del mio pancino. Raggiungemmo dunque un coloratissimo parco giochi, ricolmo di giochi, luci e chioschetti per i più appetitosi spuntini, con tanto di bancarelle al seguito.
    «Wow!» esclamai, estasiata. «Non sono mai stata in un parco divertimenti così grande!» ed era vero, dato che purtroppo non ci fermavamo in qualche posto per più di qualche settimana, limitando così le mie possibilità di visitare i posti di stazionamento. La situazione era tuttavia cambiata una volta stanziatami definitivamente al campus, cosa che mi stava permettendo di conoscere a fondo una splendida metropoli come New York, oltre che farmi nuovi amici, come Euphemia e Will.
    Ci dirigemmo verso il tavolo di una deliziosa tavola calda italiana, dove ci accomodammo e aspettammo il cameriere: il discorso, intanto si spostò sullo spettacolo che si sarebbe tenuto venerdì prossimo, lo stesso al quale mi ero ripromessa -sotto consiglio della mia famiglia- di invitare anche Will.
    «Certo, perchè no? Perchè pensavo di chiedere alla tua grande famiglia il permesso di corteggiarti» mormorò lui, di rimando.
    Non intesi alla perfezione le sue parole, semplicemente, lo vidi sporgersi e colmare le distanze, chinandosi con l'intento di sfiorare le labbra con le sue, finché non si adattarono perfettamente alle mie.
    Un bacio tenero, a stampo e totalmente inaspettato, che mi fece battere il cuore tanto da farmi sobbalzare all'indietro, impaurita quasi da quella nuova emozione che sentivo crescere nel petto.
    «Io...» balbettai, completamente rossa in viso. «Scusami, Will, è che... Non sono mai stata baciata da nessuno prima d'ora» bum bum bum. Il cuore minacciava di uscire dal petto, per quanto battesse per la forte agitazione ed emozione.
    Le guance si erano ridotte a pomodori ambulanti, la mia espressione era a dir poco ebete.
    Affondai la faccia nella sua felpa, lasciando scoperti solo gli occhi, che lo osservavano.
    «Io credo che...» iniziai, sprofondando ancor di più. «Tu mi piaccia, un pochino, sì. Forse»
    Addio, quel bacio mi aveva completamente fuso, confondendomi e impacciandomi come se non fosse abbastanza.
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    «Temo proprio che quella medaglietta possa fare una brutta fine sai? Non durerebbe neanche un'ora, conoscendomi, anzi! Sfido anche te ad avere appesa al collo una medaglietta di cioccolato e non cadere in tentazione!»
    Alzò un sopracciglio, grattandosi una guancia.
    «Ed io che volevo improvvisarmi il Willy Wonka della situazione!» replicò fintamente indignato. Poi rise, scuotendo il capo. «Io adoro il cioccolato bianco, per esempio, ho sempre una tavoletta di tale godurioso nettare degli dei con me, come hai ben potuto constatare alla festa»
    Si erano seduti, dopo aver dato fondo al buffett, nel ricco giardino e avevano condiviso una adorabile barretta di cioccolato, chiacchierando del più e del meno prima che fosse ora per Selene di tornare a casa.
    «Ehi, sono ancora troppo giovane per morire! E comunque non ti facevo tanto grande, anche se due anni di differenza non sono poi molti. Sì, insomma, altezza e appetito a parte, sembri più piccino» aggiunse lei, quando le fece presente di essere maggiorenne.
    Will scosse il capo, sorridendo, grattandosi una guancia.
    «In realtà l'appetito è una caratteristica di famiglia!» replicò allegramente. Certo, che avesse una seconda famiglia, la famiglia di origine della sua anima, sarebbe stato controproducente da dire.
    Almeno, sul momento.
    «Sei universalmente riconosciuto come un ragazzo adorabile invece! Chi a parte te si sarebbe offerto di dare lezioni private a gratis ad una pasticciona nonché pericolo pubblico ambulante come me? Mi spiace ma in lista d'attesa ci sei solo tu!»
    Accolse il suo abbraccio, ma non disse nulla. Non sapeva se Damien, trovandoselo davanti, avrebbe pensato lo stesso: ma non era il momento di pensarci, giusto?
    Aveva adocchiato già la ragazza che sembrava interessargli. Avvicinarsi a lei non sarebbe stato difficile: attraverso Bibì Morgasten, Will contava di controllare suo fratello.
    Se avesse protetto lei al meglio, anche Damien sarebbe stato al sicuro dalla pazzia che lo avrebbe colto.
    Bibì era, insomma, la chiave di tutto. Ma come spiegarsi?
    Trascinarla nel parco divertimenti fu la soluzione migliore, facendo sì che la ragazza non notasse la sua tristezza.
    E baciarla... Beh, non rientrava nel piano ''distraiamola'': Will aveva desiderato farlo dal primo momento in cui si erano visti e forse era precipitoso e dannoso per entrambi, ma era bello, era puro e per una volta avrebbe avuto la possibilità di ribellarsi.
    «Io... Scusami, Will, è che... Non sono mai stata baciata da nessuno prima d'ora»
    «Uhm, sei la prima ragazza che bacio» puntualizzò. Poi rise, colpito dal lato comico della faccenda. «Beh, almeno non faremo paragoni» aggiunse, divertito.
    Quando Selene azzardò la possibilità che potesse piacerle, Will le sorrise interito.
    «No, no, Selene. Non deve andare così: pensaci, stiamo insieme e poi mi dirai cosa provi, okay? Sei la prima ragazza che mi interessa e non vorrei essere più precipitoso di quanto io non sia stato» la rassicurò
     
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    Sprofondata, andata, spacciata! Mi ero rintanata con l'intera faccia nella morbida e calda felpa di Will neanche fossi stata una tartaruga spaventata, rifugiatasi nel suo guscio per sfuggire a chissà quale catastrofe. Ma nel mio caso, a dire il vero, non avrei potuto evitare nessuna calamità rara peggiore della me stessa che, in quel momento, stava risultando assai patetica.
    Sei tu la catastrofe mondiale, Selene, non puoi sfuggire da te stessa, banana imbranata che non sei altro!
    Si, insomma... Un ragazzo carino, nonché caratterialmente adorabile come Will, mi aveva invitata ad uscire, ad andare a cena, mi aveva generosamente offerto la sua felpa -sempre perché la mia testolina bacata aveva deciso di rendere mainstream la giacca- dichiarandosi con tanto di bacio romantico e.. io che facevo? Mi sotterravo nei meandri sperduti e caldi di una felpa per sfuggire alla momento già imminente e cruciale di per se?
    Tu devi avere proprio la testa bacata, Sele, lasciatelo dire. Ti si presenta un ragazzo d'oro come lui, bello come il sole, gentile come un uomo d'altri tempi e tu fai la preziosa? Non aspettavi forse il principe azzurro, tu? Bene, se non sali sulla carrozza, partirà senza di te e non tornerà mai più indietro, brutta zuccona che non sei altro!
    La vocina della mia coscienza, alle volte, suonava decisamente inquietante, ma paurosamente veritiera. Eppure come poteva essere possibile? Conoscevo Will da pochissimo -a dire il vero era la seconda volta che lo rivedevo e la prima vera uscita dopo la festa- come poteva essere che provasse già sentimenti tanto forti nei miei confronti? Tuttavia, no, non mi avrebbe mai ingannata, Will, era fin troppo buono!
    Non sapevo spiegarmelo neanche io, ma lo sentivo a pelle, proprio come se... Fosse stato un angelo, sia in bontà che in bellezza. Azioni del genere non sarebbero state da lui, non gli si addiceva per nulla l'etichetta di seduttore di giovani donzelle inesperte e prive di fascino come me.
    Perché andiamo, chi avrebbe mai potuto trovare affascinante un'imbranata come Selene Johnson? A parte Will, nessuno si era sentito di esprimere giudizi.
    «Uhm, sei la prima ragazza che bacio» mi rivelò poi, prendendola a ridere. «Beh, almeno non faremo paragoni»
    Da sotto la felpa, sentii le guance divenire paonazze, rosse rossissime come i petali di una rosa color fuoco, molto similare a quello dei miei capelli.
    «Anche io...» sussurrai da sotto la felpona, mordendomi poi la lingua. «Cioè sì, volevo dire... Nessuno a parte te mi ha mai baciata prima d'ora ed è stato... strano»
    Mi resi conto di quel che avevo avuto l'ardire di ammettere solo qualche secondo dopo aver fatto la frittata.
    Ma complimenti Selene, il massimo della romanticità!
    «Uhm... Nel senso che non avevo mai provato nulla di simile, prima» mi affrettai ad aggiungere, avvampando.
    «No, no, Selene. Non deve andare così: pensaci, stiamo insieme e poi mi dirai cosa provi, okay? Sei la prima ragazza che mi interessa e non vorrei essere più precipitoso di quanto io non sia stato» mi rassicurò.
    Adesso sì che mi sentivo un'emerita cacca: con il mio essere azzardatamente precipitosa, avevo finito con l'offenderlo, probabilmente, e questa era l'ultima cosa che avrei voluto.
    «Non volevo essere precipitosa, scusami, perdonami, sono un impiastro!» ammisi, salendo un poco con lo sguardo al bordo della felpa, lasciando intravedere a malapena gli occhi. «E' che... Tu sei un ragazzo fantastico, Will, e io una tale imbranata!» ammisi, rossa in viso. «Non so come vadano certe cose, né quanto tempo ci voglia prima che scatti la scintilla, né tanto meno se è di buon costume baciare il proprio partner al primo appuntamento, sempre ammesso che lo sia, sì» stavo andando in confusione, decisamente. «So solo che... E' stato bello e speciale, questo sì!» asserii con più determinazione.
    E, onde evitare che cadessero altre balle di fieno...
    «Ordiniamo? Ho una fame principesca!»
    Il bello di tutto quello? Ero ancora seppellita sotto la felpa.
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    «Cioè sì, volevo dire... Nessuno a parte te mi ha mai baciata prima d'ora ed è stato... strano»
    Aveva osservato con curiosità l'amore.
    Ah, quel sentimento era di gran lunga il più strano che Dio avesse mai creato! Will aveva visto persone uccidere in nome di quel sentimento, aveva visto tanta distruzione, tanta morte: ma l'amore aveva un lato merviglioso, una felicità totale che accumunava tutte le creature.
    Lui e suo fratello non erano nati dall'Amore ma avevano trovato l'uno nell'altro ciò che era mancato alla loro nascita: Will era stato molto incuriosito dal trasporto di Damien verso Phoebe Morgasten e si era promesso che prima o poi avrebbe indagato più a fondo in merito - ma proteggere Bibì sarebbe stato rendere felice suo fratello in maniera indiretta- di quella che, a conti fatti, sarebbe un giorno diventata sua cognata.
    «Uhm... Nel senso che non avevo mai provato nulla di simile, prima»
    Lo sguardo del giovane angelo si intenerì, osservandola.
    «Selene, non posso darti io indicazioni su quelli che sono i tuoi sentimenti. Io non ti voglio fare pressioni, non te le meriti: voglio solo che tu rifletta attentamente su quello che vuoi, io... Aspetterò. Lo giuro» mormorò. Le sorrise, senza però toccarla: sospettava che Selene avrebbe finito per scavare una fossa con una forchetta e arrivare in Cina pur di fuggire.
    «Non volevo essere precipitosa, scusami, perdonami, sono un impiastro! E' che... Tu sei un ragazzo fantastico, Will, e io una tale imbranata! Non so come vadano certe cose, né quanto tempo ci voglia prima che scatti la scintilla, né tanto meno se è di buon costume baciare il proprio partner al primo appuntamento, sempre ammesso che lo sia, sì»
    Will rise, scuotendo il capo.
    «In realtà non è buon costume baciarsi al primo appuntamento, ma mi sono detto che fosse meglio ignorare le regole e scoprire le mie carte immediatamente» ammise, con un sorriso a metà tra il divertito e il colpevole.
    «So solo che... E' stato bello e speciale, questo sì!»
    Fu il turno di Will di arrossire. Ed accolse con gratidudine la proposta di Selene di ordinare, avendo anche lui una fame non indifferente.
    Chiamò il cameriere, un solerte uomo di mezz'età, iniziando ad ordinare per primo
    «Allora, per antipasto prenderei... Un antipasto misto per due, ci porti tutto quello che ha di buono e tipico! Per primo queste pappardelle con speck e funghi porcini e per secondo questo calzone fritto e delle patatine fritte. Uh, per dolce questa fetta di cheesecake al cioccolato!»

     
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