Sing once again with me our strange duet

Shedar e Emilie

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    EMILIE GARDYNER

    →DEMIGOD →20 ANNI →SCHEDA Do you have any feelings deep inside your heart?©
    Emilie doveva ammettere che con ogni probabilità accettare la proposta-scambio di Shedar non era stata una delle idee più brillanti che potessero venirle in mente, anzi, era proprio pessima. Era sicuramente stata l'emozione del momento a spingerla ad accettare senza pensarci due volte, ma insomma, non capitava tutti i giorni di poter assistere dal vivo ad uno spettacolo di Diana Mint Eastwood. I biglietti costavano tantissimo, e benché alla famiglia Gardyner non mancassero, non se la sentiva di spendere i soldi di suo padre per qualcosa che non fosse strettamente necessario – già il college costava una fortuna, e non è che sua madre si facesse tutti gli scrupoli che faceva lei. E poi era comunque uno scambio, non si stava approfittando della gentilezza di Shedar. Non del tutto, perlomeno. Sperava piuttosto che lui non avesse dovuto spendere nemmeno mezzo dollaro per permetterle di assistere allo spettacolo, ma insomma, si trattava pur sempre di sua madre, non gli avrebbe fatto pagare il biglietto di un'eventuale accompagnatrice, no?
    Aveva passato giorni a rimuginare sulla questione e a chiedersi se non fosse stato meglio annullare tutto. Ma ogni volta che pensava di farlo si immaginava l'espressione triste e delusa da cucciolo di Shedar quando lo avesse saputo, e le si stringeva letteralmente il cuore. Il che era strano, considerando che nemmeno Bambi riusciva a smuovere il suo cuore di pietra da arpia patentata. Non poteva fargli uno scherzo del genere, decisamente no.
    Non è che non volesse andare con lui, ma un'uscita a due a teatro era qualcosa di troppo simile ad un appuntamento, ed Emilie non voleva né illudere se stessa né illudere Shedar. Temeva il disagio che si sarebbe potuto creare dopo quella sera, specie se qualcuno li avesse visti e le voci fossero cominciate a circolare. Non amava quel genere di cose: se si doveva parlare di lei, voleva che fosse per qualcosa di meritevole che aveva fatto con le sue forze, non perché era in compagnia di un cantante famoso. Il quale, tra l'altro, la stava facendo ricredere sull'intero mondo delle celebrità: pensava fossero solo una massa di boriosi egocentrici, ma le aveva dimostrato di non essere così. Era sempre in tempo per rovinare tutto – ogni occasione è buona per mandare tutto all'aria - ma per ora la sua idea era quella.
    Una volta rassegnatasi all'idea che sarebbe dovuta andare – non che fosse un così grande sacrificio a dirla tutta, passare una serata con lui ad ascoltare santocieloancoranoncicredo Diana Mint Eastwood poteva rivelarsi piuttosto piacevole – l'unica cosa da fare sarebbe stata trovarsi qualcosa da mettere. Suo padre aveva decine di zii, cugine e parenti alla lontana, una famiglia davvero enorme, per cui avevano matrimoni, battesimi, comunioni, lauree, funerali e quant'altro almeno tre volte l'anno, col risultato che il guardaroba di Emilie era pieno zeppo di abiti da sera e da cerimonia. Scegliere cosa indossare, considerando soprattutto il fatto che quello non era un appuntamento, ma solo un'uscita amichevole, fu abbastanza complicato. Certi abiti le sembravano troppo scollati sul davanti, altri sul dietro, altri ancora erano troppo corti – probabilmente risalivano a quando era parecchio più bassa, perché non avrebbe mai indossato qualcosa del genere – col risultato che passò due giorni interi davanti alle ante aperte del guardaroba, con un annoiato Roland che proprio non voleva saperne di capire il perché non potesse andare vestita come se nulla fosse. Sopportava quello strazio solo perché sapeva che il premio sarebbero stati i dvd dei Power Rangers che Shedar gli aveva promesso.
    Alla fine scelse l'abito che meno di tutti le dava l'idea di essere da appuntamento romantico. Non era scollato e metteva in evidenza le gambe senza che fosse troppo corto. Si era fatta un trucco molto leggero e naturale sul viso, fatta eccezione per le labbra su cui aveva applicato un rossetto rosso scuro, e i capelli erano sciolti, lasciati ricadere morbidamente sulle spalle.
    Ci aveva messo giorni interi a convincere suo padre che quello che l'avrebbe accompagnata a teatro non fosse il suo ragazzo, ed era abbastanza certa che, benché si dicesse convinto, continuasse a pensarlo – lo notava dalle occhiatine che le lanciava da sopra il libro che stava bellamente fingendo di leggere, dannato.
    E ora era lì, in attesa. E si sentiva stranamente agitata, nemmeno fosse un primo appuntamento. Perché quello non lo era, giusto?
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    Shedar Flowers
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    «Ow, il nostro bimbo ha un appuntamento!»
    «Ma volete finirla?!»
    Shedar si chiuse la porta della stanza alle spalle, sentendo al piano di sotto le sue madri continuare a ridere: nonostante il tono seccato che aveva usato, tuttavia, anche Shedar sorrideva divertito e tremendamente imbarazzato da tutta quella situazione.
    Aveva invitato Emilie al concerto della sua Mama quella sera sia perchè aveva promesso quei benedetti dvd al piccolo Roland, collezione che aveva già impacchettato con dovizia, sia perchè poi sarebbe stato impegnato con un nuovo programma Your face looks familiar che aveva accettato solo perchè sarebbe stato divertente imitare personaggi famosi senza rischiare che qualcuno gli tirasse una scarpa: l'idea di passare del tempo con lei, prima di essere assorbito dal lavoro, lo attirava più di quanto fosse lecito pensare.
    Era conscio di non piacerle, probabilmente ad Emilie piacevano i tipi palestrati e contemporaneamente intellettuali o forse aveva in programma di diventare la prossima Rita Levi Montalcini. La conosceva poco e aveva un'assurda cotta per lei: il che, se fosse diventato di dominio pubblico, sarebbe valso a dimostrare ancora una volta il fatto che Shedar Brian Flowers fosse un tipo del tutto particolare.
    Ma Emilie era bella, in maniera del tutto oggettiva, dolce, forte e con un bel sorriso. Va bene, magari aveva un senso dell'umorismo simile a quello di mamma Hope, ma dalla vita non si può ottenere tutto dalla vita! E comunque fosse, Shedar era abituato al sarcasmo e non riusciva nemmeno ad offendersi.
    Non seriamente, ecco.
    Ma non era quello il punto.
    Il punto era che, mentre frugava nel suo armadio alla ricerca di un completo elegante da indossare, Shedar sapeva che sarebbe stato disposto ad accontentarsi della sua amicizia. In fondo, anche nel remotissimo caso in cui Emilie fosse giunta a ricambiarlo, Shedar sapeva di stare per diventare immortale.
    Che futuro avrebbero mai potuto avere, insieme?

    ***



    Non aveva messo la cravatta, infine - si sentiva abbastanza ridicolo con quella camicia bianca inamidata e il completo nero- ma, guardandosi allo specchio, si sentiva ancora un adolescente che va a prendere la fidanzatina per portarla al ballo scolastico.
    Prima di scendere dall'auto, si aveva preferito prendere un'auto dai vetri oscurati anzichè la limousine sapendo che Emilie si sarebbe sentita a disagio - gli aveva chiesto di procurarle un'entrata secondaria, cosa che Shedar aveva prontamente organizzato- e preferendo comprare dei fiori per sua madre, prese un respiro e afferrò il pacchetto contenente i DVD prima di scendere e avvicinarsi alla porta di ingresso della villetta, suonando al campanello.
    Sperava di non avere un infarto davanti alla versione elegante di Emilie perchè allora si che avrebbe afferrato una pala e avrebbe scavato fino in Cina!
    lhAq7mM
     
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    EMILIE GARDYNER

    →DEMIGOD →20 ANNI →SCHEDA Do you have any feelings deep inside your heart?©
    Emilie sarebbe stata felice di non essere l'unica ad essere presa in giro per quel presunto appuntamento che come già diceva il nome stesso, era solo presunto, e nulla più. Non era appuntamento, anche se probabilmente nessuno di loro due sembrava esserne molto convinto, data l'agitazione che li aveva colti. Aveva lo stomaco talmente in subbuglio che si era rifiutata di toccare cibo nelle quattro-cinque ore precedenti l'ora x. Non si sentiva così nemmeno quando aveva un vero appuntamento romantico – cosa che non succedeva ormai da tempo, doveva ammetterlo – ma era sempre stata piuttosto tranquilla in quelle situazioni. Allora perché diamine aveva la sensazione di essere una ragazzina del liceo tutta agghindata e in attesa che il suo cavaliere la portasse al ballo? Nemmeno le piacevano i balli studenteschi, tanto per la cronaca. Erano per lo più stupidi, frivoli e superficiali, l'esatto opposto di ciò che era lei, o almeno di come sperava di essere.
    « Quindi quand'è che arriva il tuo ragazzo? » le chiese il padre con un finto tono disinvolto, come se quella domanda fosse del tutto normale.
    Emilie dovette contare mentalmente fino a dieci per non mettersi a ringhiare come un cane inferocito. « Non è il mio ragazzo. È solo un ragazzo. Uno che è stato gentile, e io volevo ricambiare, ecco. E smettila di fare quella faccia divertita! » sbottò, imbarazzata dal sorriso che aveva assunto suo padre. Era quell'espressione che voleva dire 'lo so di aver ragione e so anche che non vuoi ammetterlo perché ti imbarazza, ma va bene lo stesso'. Solo che non è che lei non volesse ammetterlo, ma Shedar non era il suo ragazzo, quante volte doveva dirlo?
    La cosa divertente era che anche Roland sembrava cominciare ad avere dubbi in proposito. Quindi era tutto imbronciato, seduto solo soletto sulla poltrona, che scrutava la porta come se volesse fulminare chiunque tentasse di entrare e varcare così la soglia del suo territorio. Inutile dire che anche Emilie facesse parte dei suoi domini, e che non andasse toccata. Se si trattava di possibili fidanzati, Roland diventava estremamente geloso. La ragazza era abbastanza certa però che avrebbe seppellito l'ascia di guerra non appena avesse visto i dvd. Sperava vivamente che Shedar se li fosse ricordati, altrimenti sarebbero stati guai. Chi l'avrebbe sentita quella peste, altrimenti?
    Emilie quasi saltò in piedi quando sentì il campanello suonare, e mentre si alzava e si affrettava a raggiungere la porta, lanciò un'occhiataccia al padre come per intimargli di levarsi quella faccia a imbecille dalla faccia. E di non farle fare pessime figure – anche se sperava di fuggire immediatamente, onde evitare scene imbarazzanti. Prese in religioso silenzio un bel respiro, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, prima di far scattare la serratura e aprire la porta.
    Fu strano vederlo vestito così elegante. Non perché non stesse bene in quel modo, al contrario lo trovava piuttosto carino, ma semplicemente era un po' strano. Era abituata a immaginarselo con addosso abiti normali – o con un vestito da marinaretto, complice youtube e i sadici costumisti di Dancing with stars - però nulla negava che potesse abituarsi anche a quella versione di lui.
    « Ciao Shedar, ben arrivato. » lo salutò, cercando di sembrare il più naturale e disinvolta possibile. Inutile dire che Roland le si affiancò, osservando Shedar con sguardo inquisitore. Adesso che lo vedeva come un possibile rivale (?) gli piaceva di meno.
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    Shedar Flowers
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    Quando Emilie aprì la porta, Shedar temette seriamente che potesse sentire il suo cuore battere troppo velocemente: non è che indossasse un vestito chissà quanto provocante e sexy, ma sospettava che l'avrebbe trovata bellissima anche se avesse cantato Gloria vestita da pupazzo di neve.
    Tuttavia, il cantante ebbe abbastanza prontezza di spirito per sorriderle.
    «Ehy! Stai davvero bene» si complimentò gentilmente, prima di voltarsi verso Roland, comparso sulla soglia di casa accanto alla sorella e che lo guardava come se avesse voluto trucidarlo.
    Probabilmente era solo la stanchezza: insomma, era stata una giornata piuttosto impegnativa per il cantante - saltellare da un appuntamento all'altro con un sorriso perennemente stampato in faccia, evitare i paparazzi senza danni e poi le prove non erano poi un gioco da ragazzi, considerando che raramente Shedar prendeva la macchina e preferiva, solitamente, spostarsi con la bici o a piedi- e Roland era un bambino semplicemente adorabile. No, assolutamente, il cantante si rifiutava di pensare di stargli antipatico: avevano discusso di cartoni fino alla volta prima, era impossibile che gli avesse fatto qualcosa senza nemmeno vederlo!
    Perciò gli sorrise.
    «Ciao Roland!» salutò cordialmente, porgendogli lo scatolone in cui aveva accuratamente riposto i DVD promessi. «Come promesso, li ho impacchettati ieri... Vuoi che ti aiuti a portarli in casa? Sono un pò pesanti» osservò. Il che non era poi così innaturale, visto che oltre le puntate di tutte le serie prodotte fino a quell'anno, Shedar possedeva special e film.
    No, non li guardava ancora - per lui le primissime serie non meritavano di essere dissacrate in quel modo- ma gli piaceva collezionare: si occupava di una vasta collezione di francobolli, monete e costruzioni LEGO con la stessa meticolosità che un archeologo dedica a reperti storici e artistici di indubbio valore ma gli faceva ancor più piacere sapere che quella collezione di DVD sarebbe passata in mano a qualcuno capace di godersela.
    lhAq7mM
     
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    EMILIE GARDYNER

    →DEMIGOD →20 ANNI →SCHEDA Do you have any feelings deep inside your heart?©
    Il rigido autocontrollo che Emilie si imponeva in ogni giorno e in ogni momento della sua vita era andato a farsi benedire già da qualche ora – cosa che agli occhi dei suoi familiari era più che evidente, nonché incredibilmente spassoso - ma comunque riuscì ad assumere un atteggiamento che normalmente non avrebbe mai neanche lontanamente definito dignitoso, ma in quella circostanza si dovette accontentare. Probabilmente, una volta conclusasi la serata e tornata a casa, si sarebbe presa a schiaffi da sola fino al mattino successivo e anche oltre per la sua imbecillità.
    « Grazie, anche tu. » disse con un sorriso appena impacciato. Shedar non era il ragazzo più affascinante che esistesse sul pianeta, e nemmeno nella sola New York a dirla tutta, ma in quel momento si sentiva più emozionata di quanto avrebbe mai potuto sentire in compagnia di qualche aitante ragazzotto. Non che lei fosse così superficiale da volere a tutti i costi un ragazzo esteticamente bellissimo ma carente in quanto a materia grigia. Gradiva la compagnia di qualcuno con cui fare una conversazione intelligente, non di un completo imbecille che passava tutto il tempo a rimirarsi allo specchio e a farsi rimirare.
    Cercava di convincersi che quell'agitazione fosse dovuta esclusivamente all'idea di poter assistere dal vivo al concerto della sua cantante preferita, ma nemmeno lei riusciva a crederci del tutto.
    Come aveva previsto, l'iniziale avversione di Roland all'idea che Shedar potesse avere intenzioni di tipo romantico svanì così com'era comparsa nel momento in cui il ragazzo mostrò lo scatolone pieno dei DVD che gli aveva promesso. « Grazie, Shedar! » pigolò allegro, prendendo anche se con un po' di difficoltà la scatola. « No, grazie. Ce la faccio! » disse, forse nel tentativo di mostrarsi grande e forte – probabilmente voleva lasciar intendere che avrebbe dovuto vedersela con lui in caso avesse voluto sbaciucchiarsi con Emmy (?), come se lui poi potesse mai sembrare minaccioso, tra l'altro.
    Emilie alzò gli occhi al cielo, chiaramente esasperata e un po' rassegnata alla cocciutaggine che il marmocchio sembrava dimostrare quando si intestardiva su qualcosa. Riportò la sua attenzione su Shedar, sentendosi un po' più calma e serena. Sentiva ancora lo stomaco contorcersi e fare le capriole, ma era comunque meglio rispetto a prima. Allungò una mano per prendere la borsetta che aveva sistemato vicino alla porta. « Vogliamo andare? » gli chiese. Avrebbe preferito fuggire via di casa: anche se da lì Shedar non poteva vederlo, dalla poltrona suo padre li osservava con un'espressione che Emilie avrebbe voluto volentieri prendere a schiaffi. Voleva scappare prima che gli venisse la malsana idea di farsi scappare qualche battutina.
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    Shedar Flowers
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    « Grazie, anche tu. »
    Shedar accennò un sorriso, grattandosi la nuca in un gesto nervoso che era un pò un tic che affiorava quando il ragazzo era sottoposto a stress di ogni tipo.
    Non che si sentisse in trappola ma era decisamente nervoso.
    Sapeva di non rientrare nei canoni di bellezza che fanno sciogliere gli ormoni di migliaia di fanciulle in tutto il mondo e che probabilmente Emilie aspirasse a molto più che ad un tipo come lui: tuttavia, e lo sperava davvero avrebbero potuto almeno provare a divertirsi.
    Consegnò, senza non poco divertimento, lo scatolone al piccolo Roger e quando Emilie gli chiese di andare annuì, accennando uno scherzoso inchino alla ragazza perchè passasse per prima: salutò con un cenno ed un sorriso il bambino ed attese che Emilie chiudesse la porta, scortandola infine alla sua auto, una Bmw M6 Gran Coupé dai vetri oscurati che aveva comprato con i primi soldi che gli erano derivati dal suo primissimo CD venduto e che trattava come un vero e proprio gioiellino.
    Era vero, era incredibilmente ricco e avrebbe potuto permettersi altre cento o mille auto come quella, ma c'era gente che moriva di fame nel mondo e preferiva impiegare ciò che non gli serviva davvero nella cura dei più bisognosi.
    Le aprì galantemente la portiera, rivolgendole un sorriso, attendendo che Emilie salisse prima di chiudere la portiera e fare il giro della vettura per accomodarsi al posto del guidatore.
    Si allacciò la cintura.
    «Allora, pronta?» chiese con dolcezza, accendendo l'auto che rispose miagolando. «Mia madre sarà molto felice di conoscerti, non ho mai portato un'amica prima a casa, anche se lei e l'altra mia madre hanno passato tutto il giorno a prendermi in giro» ammise, cercando di sdrammatizzare l'aria sin troppo pesante che si era creata e dissapare - contemporaneamente- il nervosismo che aleggiava.
    Non era mai stato soggetto a crisi d'ansia prima di allora, nemmeno quando aveva affrontato Dancing with the Star e l'indossare quei ridicoli costumi lo aveva gettato nella convinzione che non esistesse tortura peggiore del guardaroba offerto dallo show a chi vi partecipasse.
    lhAq7mM
     
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    EMILIE GARDYNER

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    Una volta richiusa la porta di casa, Emilie tirò un profondo sospiro di sollievo. Finalmente lontana da battutine e schiamazzi, almeno per qualche ora – non osava pensare cosa suo padre si sarebbe inventato una volta che fosse tornata a casa. Sperava che nell'aspettarla sveglio sulla stessa poltrona in cui lo aveva lasciato, finisse con l'addormentarsi. Avrebbe solo posticipato l'inevitabile, ma almeno l'avrebbe affrontato con qualche ora di sonno alle spalle.
    Si voltò verso Shedar e percorsero insieme il vialetto che separava l'entrata della casa dalla strada. Ora che si stava allontanando da sguardi indiscreti, si sentiva un po' più tranquilla. Probabilmente erano state tutte quelle insinuazioni a farle agitare. Quello non era un appuntamento, era solo un'uscita tra conoscenti-quasi-amici. Non aveva motivo di essere così su di giri.
    Quando capì qual era la macchina di Shedar, non poté che sollevare le sopracciglia in un'espressione vagamente stupita. Non se ne intendeva di macchine, non ne andava neanche particolarmente matta. Ma non ci voleva un genio per capire che fosse bella e costosa, quelle che quando passi per strada fanno voltare sia uomini – per la bellezza dell'auto – sia le donne – per il nesso logico tra auto costosa e ricco proprietario. « Scommetto che con questa riesci a fare colpo con qualunque ragazza. Sicuro di voler portare proprio me al concerto? Con questa puoi trovare di meglio. » disse, cercando in un modo forse un po' fallimentare di essere spiritosa. Sapeva che l'umorismo era il suo tallone d'Achille, però almeno ci provava. Magari riusciva anche a smorzare quella tensione che ancora aleggiava un po'. Se non fossero riusciti a rilassarsi, sarebbe stata una serata pessima.
    Con un sorriso e un gesto della testa ringraziò Shedar per la sua galanteria e salì in macchina, allacciandosi la cintura subito dopo – sulla sicurezza era sempre molto puntigliosa, forse addirittura paranoica per certi versi, ma era della tesi che prevenire fosse sempre molto meglio che curare. Specie quando non c'è più la possibilità di curare.
    « Pronta. » gli assicurò con un sorriso, sistemandosi a dovere sui comodissimi sedili di quella macchina. Avrebbe anche potuto farci un pisolino senza problema alcuno.
    Ingenuamente non aveva tenuto conto del fatto che Shedar avrebbe potuto presentarle sua madre, cosa che la emozionava e la terrorizzava allo stesso tempo. Avrebbe dovuto cercare di convincerlo a non farlo assolutamente, ma ci avrebbe pensato dopo. Capiva il tentativo di Shedar di voler smorzare il nervosismo, e non voleva rendere vani i suoi sforzi. Dalle sue labbra affiorò una lieve risata. « Mio padre mi prende in giro da giorni, quindi ti capisco. Persino Roland aveva iniziato a convincersi che fosse un appuntamento, per questo ti squadrava come se avesse voluto ucciderti. » commentò divertita, per poi voltarsi a guardarlo. « E scusa se non ti ho invitato ad entrare e non ti ho offerto nulla, ma mio padre era in agguato dietro la porta, e ha il brutto vizio di mettere in imbarazzo qualunque ragazzo porti in casa, che sia o meno il mio ragazzo. Ho preferito evitarti scene imbarazzanti e consigli sulle adeguate precauzioni da prendere. Credimi se ti dico che è imbarazzante, e che lo sarebbe stato più per me che per te. » concluse con una lieve risata. Probabilmente avrebbe dovuto abituarsi ormai a quel genere di sceneggiate, e invece no. Però non poteva far a meno che ridere ogni volta che ci ripesava.
    lhAq7mM
     
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    Shedar Flowers
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    Non era di certo il tipo che ''facesse colpo'', anzi, ma Shedar apprezzò la battuta e il tentativo di stemperare la tensione, concedendosi una risata.
    «Le donne che mi apprezzano solo per i miei soldi non le amo moltissimo» ribattè, stando al gioco, prima di farle un occhiolino scherzoso e lasciare che salisse in macchina.
    Parlare durante il tragitto avrebbe fatto bene ad entrambi, riflettè, ascoltando Emilìe parlare del fatto che Roland avrebbe voluto ucciderlo perchè convinto che quello fosse un appuntamento.
    Strabuzzò gli occhi.
    «Cosa? Oh, andiamo, non può pensarlo davvero! Poveri noi!» fece, a metà tra il sorpreso e il divertito, scuotendo il capo.
    « E scusa se non ti ho invitato ad entrare e non ti ho offerto nulla, ma mio padre era in agguato dietro la porta, e ha il brutto vizio di mettere in imbarazzo qualunque ragazzo porti in casa, che sia o meno il mio ragazzo. Ho preferito evitarti scene imbarazzanti e consigli sulle adeguate precauzioni da prendere. Credimi se ti dico che è imbarazzante, e che lo sarebbe stato più per me che per te. »
    Che sia o meno il mio ragazzo
    Il che voleva dire che aveva un ragazzo? Shedar non capiva nulla di psicologia femminile e probabilmente era anche meglio così, ma avrebbe voluto avere, in quell'istante, il coraggio di chiederglielo.
    Ma era pur naturale che una così bella ragazza avesse qualcuno, giusto?
    «Ti ricordi di Moa, la ragazza che abbiamo incontrato al parco? Beh, una delle mie madri non poteva sopportarla affatto e una volta che la invitai a casa mia per studiare la coerografia della puntata successiva, ci offrì dei biscotti: peccato che nei suoi avesse messo del lassativo» le raccontò, tutto sommato divertito. «Ogni volta che sei in imbarazzo, pensa a come mi sono sentito io quando hanno dovuto spostare la puntata perchè la mia patner aveva qualche... problema di ordine tecnico» disse, citando la voce melliflua della produttrice quando aveva annunciato a tutti quelle inattese vacanze.
    Ancora oggi, nel pensarci, Shedar non sapeva se ridere, piangere o chiedere a zia Hope quale erba aromatica fumasse.
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    EMILIE GARDYNER

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    «Le donne che mi apprezzano solo per i miei soldi non le amo moltissimo»
    « Ben detto. » commentò Emilie, che non poté non dirsi soddisfatta di quelle parole, fiera di Shedar. Più tempo passavano insieme, più il ragazzo guadagnava punti e posizioni nella lista delle – poche, pochissime – persone che le andavano a genio. Attento Shedar: più in alto sei, più è dolorosa la caduta. Specie se, in tal caso, Emilie non esiti a mettere un letto di chiodi, vetri e cocci rotti dove finirai con l'atterrare.
    La reazione del cantante alla dura verità sul comportamento del suo fratellino le suscitò una sincera risata. « Lo pensa eccome. Mio padre è molto bravo a inculcare idee sue nella testa degli altri, e Roland si presta particolarmente bene allo scopo. Gli è bastato insinuare che il nostro potrebbe essere un appuntamento e puff! Sei magicamente diventato il nemico pubblico numero uno di casa Gardyner. Sei fortunato che non ti abbia legato ad una sedia e torturato. Penso che solo la collezione di dvd ti abbia salvato da un tragico destino.»
    La divertiva parlare in quel modo, in tutta franchezza e senza sforzarsi di essere qualcuno di diverso. Non che Emilie fosse una persona falsa, ma cercava sempre di adeguare il suo essere a chi aveva davanti, pur rimanendo sempre se stessa. Ma l'idea di non dover modulare le parole, di potersi esprimere come meglio voleva la esaltava. Non erano molte le occasioni di farlo, in quella società dove l'apparire contava più dell'essere. A volte si chiedeva se il suo modo di fare non fosse sbagliato, se non avesse dovuto agire in libertà sempre e comunque, incurante del mondo che la circondava., di chi avrebbe potuto ferire o scandalizzare. Ma poi si diceva che si era sforzata così tanto per riuscire a diventare così malleabile da non voler neanche pensare che forse, il suo, era stato un errore.
    Si mise ad osservare la città che correva in silenzio al di là del vetro dei finestrini, con le sue luci psichedeliche e le ombre della notte a renderla un posto completamente diverso rispetto a quello che si mostrava sotto i raggi caldi del sole, senza mai smettere di ascoltare ciò che Shedar le stava raccontando.
    Non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere, neanche le avesse appena detto la barzelletta più divertente del mondo. Aveva visto Moa solo per un attimo, ma le aveva dato fin da subito l'idea di essere un'approfittatrice – ormai quelle come lei sapeva riconoscerle con un solo sguardo – e provava un'inevitabile stima nei confronti dell'altra madre di Shedar.
    « Immagino che si sia fatta una bella risata alle spalle di quella Moa! » cercò di dire mentre lei stessa non riusciva a smettere. Riuscì a darsi un contegno solo quando si sentì le lacrime agli occhi, e non aveva la benché minima intenzione di far sbavare il trucco e di avere due grosse strisce nere a rigarle le guance.
    Prese un bel respiro, senza però riuscire a togliersi il sorriso della faccia, né a impedirsi di ridacchiare di tanto in tanto. « Una delle tue madri? » ripeté, come se avesse riflettuto solo in quel momento su quelle parole. « Anche tu sei stato adottato, almeno da una di loro? »
    lhAq7mM
     
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    Shedar Flowers
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    Shedar si rendeva conto benissimo da solo che la prospettiva della cosa gli stesse sfuggendo dalle mani: si trovava, sulla soglia dell'immortalità, con una ragazza che lo capiva e che rideva di cretinate con lui, senza preoccuparsi delle conseguenze.
    O meglio, Emilie portava una maschera continuamente. poteva mostrarsi fredda e cinica, calcolatrice come pochissime persone al mondo, ma Shedar sapeva che avesse buon cuore.
    E che il fatto che stesse ridendo con lui come due vecchi amici era di per sè una conquista: al violinista il suono della sua risata piaceva molto e si, avrebbe fatto di tutto per farla ridere ancora.
    Perchè fosse serena.
    Si, probabilmente si rendeva benissimo conto da solo che avrebbe potuto procurare un coma diabetico a chiunque, con i suoi pensieri, ma non importava. Sostanzialmente, stava bene e non poteva importargliene di meno.
    «Credo che mi sotterrerò. Dammi il tempo di prendere una pala, almeno accelleriamo i tempi per il tuo fratellino» borbottò, rosso come un peperone. Perchè non aveva davvero pensato che quello potesse essere un appuntamento, era stato semplicemente messo sull'attenti dalle chiacchiere delle sue madri.
    Per stemperare il color lava andante delle sue guance, Shedar scelse di raccontarle dello scherzo che zia/mamma Hope aveva operato alle spalle di Moa, facendola ridere di gusto, di nuovo.
    Anche lui si concesse una piccola risata, ben attento alla strada: non avrebbe voluto sbattere contro un palo, insomma!
    La domanda di Emilie non lo colse impreparato, insomma sapeva che non conosceva niente di lui ed era quello il bello del loro rapporto dal suo punto di vista, ed annuì.
    «La mia madre biologica è morta di parto. Mio padre... Beh, è un capitolo a parte. E' il fratello di Hope, una delle mie mamme, ma non amo molto la sua compagnia, non lo vedo da anni» se non nei miei incubi, ma era meglio che non lo riferisse. «Quindi anche tu sei stata adottata?» le rigirò la domanda. Era doloroso parlare di sua madre, dati i suoi sensi di colpa per lei.
    Se io non fossi mai nato....
    Non ne aveva parlato con nessuno ma era sostanzialmente vero, dal suo punto di vista: se non fosse mai nato, sua madre sarebbe stata ancora viva.
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    EMILIE GARDYNER

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    Del tutto ignara – forse – della dose di insulina che il cervello di Shedar necessitava per smaltire quella dose diabetica di zuccheri, Emilie continuava a sghignazzare ai danni di quella Moa che aveva catturato il cuore di suo fratello – anche se era abbastanza certa che una maratona di Power Rangers avrebbe risolto il problema – e quello del povero Shedar. Certa gente non meritava che brave persone come lui ci si affezionassero. Non osava immaginare tutti i regali che quel povero fesso le aveva fatto... Una cosa era certa: se lei e il ragazzo fossero ufficialmente diventati amici, lo avrebbe tenuto lontano da simili arpie approfittatrici.
    « Al momento sono sprovvista di pale, temo che dovrai arrangiarti con le mani o, non so, sgommare in cerchio con l'auto finché non fai una buca abbastanza grande da contenere te, me e l'auto. Così risparmi anche su bara e becchino. » commentò, divertita dall'imbarazzo che gli aveva evidentemente provocato. Lo trovava buffo e carino, a suo modo. Con lui riusciva a parlare senza doversi arrovellare il cervello nel chiedersi cosa sarebbe stato meglio dire e come, anche se in effetti avrebbe dovuto farlo. La domanda sulla madre le era sfuggita, non avrebbe dovuto né voluto davvero farla. Si morse la lingua, distogliendo in fretta lo sguardo e puntandolo sulla strada. « Scusa, non avrei dovuto chiedertelo. » disse con un tono di voce bassissimo, che non era da lei. Riusciva sempre a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato quando si trovava con lui. Si chiedeva come facesse ancora a sopportarla. Si strinse appena nelle spalle quando Shedar, giustamente, le rigirò la domanda. « Più o meno. Io e mio fratello abbiamo in comune la madre, che è una sorta di versione perversa e peggiore della tua Moa, e il padre di Roland ha avuto la sciagurata idea di sposarla. Però mi ha adottata e mi vuole bene come se fossi figlia sua. Il mio padre biologico sarà ad ubriacarsi da qualche parte e a fare riti orgiastici in una qualche foresta, per quel che ne so. » commentò, quasi atona. Non provava il benché minimo affetto per le persone che l'avevano generata, o almeno cercava di convincersi che fosse così. Il comportamento di sua madre continuava a ferirla nonostante ormai avrebbe dovuto esserci abituata, ma non era così. Almeno riusciva a non darle la soddisfazione di vedere quanto le facesse male.
    Doveva trovare un modo di cambiare argomento in fretta. Quello dei genitori era spinoso per entrambi, quindi era il caso di sorvolare. « Allora, signor Shedar Flowers, che ne dice di raccontarmi qualcosa di sé, in modo da non farmi spendere soldi in giornali di gossip? » domandò con un tono che si sforzò di far sembrare allegro, battendosi appena le mani sulle gambe. « In cambio anch'io la fornirò di macabri dettagli sulla mia vita, se le può interessare. Ma non le assicuro che dirò sempre la verità, le parti più noiose potrebbero essere sostituite da eventi fantasiosi al limite dell'assurdo, quindi si prepari. »
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    Shedar Flowers
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    Stavano scherzando come due amici - o due perfetti imbecilli, a seconda di come si vedeva la cosa- e Shedar provò, per la prima volta in tutta la sua vita, l'incredibile sensazione data dal non doversi fare necessariamente domande su cosa sarebbe successo una volta in cui lui sarebbe diventato immortale.
    «Oh no, non ti permetterei mai di venire a farti sotterrare con me. Temo che tuo fratello scenderebbe all'Inferno per darmi un calcio, tra parentesi» replicò, ma sorrideva, allegro mentre Emilie continuava a ridere e la sua risata riempiva un pò la macchina e il vuoto nel petto di Shedar stesso.
    Toccare l'argomento madri forse non era stata una grande idea ma Shedar scosse la testa quando Emilie si scusò.
    «Un giorno lo avresti scoperto da sola» replicò sinceramente. Inspirò, continuando a guardare la strada. «Ogni giorno ci penso, sai? Se io non fossi vivo, se lei non avesse avuto così tanto amore...» per un figlio della violenza come me avrebbe voluto dire, ma quello sarebbe stato troppo. «... tanto amore da donare, lei sarebbe viva e suonerebbe in qualche spettacolo. Non passa giorno senza che io mi odi per essere qui al posto suo» ammise e quello era qualcosa che non aveva mai espresso ad alta voce con nessuno.
    Poi sorrise, timidamente, ricacciando il dolore e l'angoscia indietro.
    «Scusa, non avrei dovuto dirlo» mormorò.
    Emilie gli raccontò della sua famiglia e Shedar ascoltò in silenzio. C'era traffico, il che gli dava la possibilità di sfruttare ancora il tempo che lei gli stava concedendo.
    «Una volta una persona mi disse che per quanto ci sforziamo, ameremo sempre le persone sbagliate» osservò Shedar, tamburellando le dita sul volante. «Forse non ami tua madre, forse non si merita nemmeno un pò della tua considerazione, ma ho come l'idea che da qualche parte tu pensi di aver sbagliato, di non essere stata abbastanza perchè lei ti considerasse. Posso onestamente dire che per quanto ti sforzi di nasconderlo, sei adorabile Emilie; molto più sincera di qualsiasi altra persona che abbia mai incontrato e hai anche un cuore d'oro. Forse prima di perdonare tua madre dovresti provare a capire che non sempre le persone vogliono ferirti, che non sei tu quella che ha sbagliato e provare a perdonarti» aggiunse e le sorrise. «Ma non sono affari miei, certo» disse gentilmente.
    « Allora, signor Shedar Flowers, che ne dice di raccontarmi qualcosa di sé, in modo da non farmi spendere soldi in giornali di gossip? In cambio anch'io la fornirò di macabri dettagli sulla mia vita, se le può interessare. Ma non le assicuro che dirò sempre la verità, le parti più noiose potrebbero essere sostituite da eventi fantasiosi al limite dell'assurdo, quindi si prepari. »
    Rise.
    «Vediamo signorina... Uhm, una notizia che non è ancora trapelata alla stampa? Parteciperò al programma Your face looks familiar sai, quello sulle imitazioni di gente famosa. E si, penso che la mia prima esibizione sarà Andrea Bocelli»
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    EMILIE GARDYNER

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    L'argomento famiglia-madri era stato un ottimo modo per mandare al diavolo l'atmosfera allegra che si era venuta a creare e per far venire ad entrambi il magone, chi per un motivo e chi per un altro. A volte si chiedeva se non avesse nel proprio dna un gene particolare che le dava l'innata capacità di rovinare ogni bel momento che venisse a crearsi, in qualunque modo. Non poteva fare altro che scagliare maledizioni su maledizioni contro se stessa e la sua lingua lunga. Che poi era strano, di solito non si faceva così tanti scrupoli.
    « Non passa giorno senza che io mi odi per essere qui al posto suo. » A quelle parole Emilie approfittò del fatto che fossero bloccati in autocolonna per mollargli un pugno sul braccio che, sperava, gli avrebbe lasciato un bel livido nero per giorni, se non settimane. « Tua madre ha dato la vita per te, se non ti avesse voluto avrebbe abortito. Quindi non insultarla dicendo cose simili, perché lei non può tornare indietro a prenderti a schiaffi, ma io posso farlo eccome, e non ho paura di gonfiarti la faccia di sberle. » disse, forse in un modo un po' brusco – eccessivamente brusco – ma con tutte le migliori intenzioni. Poteva capire il senso di colpa che lo lacerava, ma sua madre doveva averlo sicuramente amato, di questo ne era stranamente certa. Di solito era la prima a mettere in dubbio l'amore di un genitore per il proprio figlio.
    Appoggiò il gomito alla base del finestrino, reggendosi poi il viso con la mano chiusa a pugno. Ascoltò in silenzio, e per qualche istante non riuscì a dire nulla. Rifletteva in silenzio, con gli occhi fissi sulla strada e sulle macchine che li precedevano. Non amava sua madre, non le voleva bene neanche un po'. Per quanto la riguardava, poteva prendere tutto e andarsene in qualunque momento, non le sarebbe importato. Ma anche se le cose stavano così... non riusciva a smettersi di chiedere cosa le mancasse per farsi voler bene da lei. Perché essere sua figlia non era abbastanza?
    « Ma non sono affari miei, certo. » Emilie mosse una mano in una sua direzione. « Lascia stare. E poi sono stata io a cominciare, me lo merito. » ammise, anche se non riusciva a fare a meno di pensare che Shedar pensasse un po' troppo bene di lei. « Deve mancarti qualche rotella comunque. Nessuno ha mai pensato di definirmi adorabile. Stronza sì, senza cuore pure, fredda come il ghiaccio a non finire, ma adorabile mai. » lo prese in giro.
    Quando lui le raccontò che avrebbe partecipato a Your face looks familiar, si voltò a guardarlo. « Ma tu fai il cantante solo quando non partecipi a qualche show televisivo? » gli domandò, per poi sorridere. « Oddio, ti ho appena immaginato vestito come Elvis, con tanto di ciuffo a banana. Grazie, grazie mille. » disse, cercando di pronunciare la citazione con un tono di voce profondo e maschile.
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    Shedar Flowers
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    Emilie aveva ragione, lo sapeva.
    Eppure, in qualche modo, Shedar non poteva fare a meno di sentirsi sporco: quasi come se fosse stato lui a violentare sua madre, lui ad ucciderla, lui a toglierle tutte le radiose possibilità che le si aprivano davanti.
    «Non tutti la pensano come te» replicò desolato. «Mia madre venne violentata. Era una delle migliori violiniste dell'epoca, la sua morte e la violenza che le furono perpetrate fecero scalpore: la gente non manca di guardarmi con pietà o disprezzo, generalmente, sapendolo» la informò.
    Si rendeva conto di apparire più fragile ed insicuro, magari più malleabile, ma Shedar aveva sempre pensato che mostrare le proprie debolezze non fosse necessariamente sinonimo di debolezza.
    « Deve mancarti qualche rotella comunque. Nessuno ha mai pensato di definirmi adorabile. Stronza sì, senza cuore pure, fredda come il ghiaccio a non finire, ma adorabile mai. »
    A quelle parole, Shedar rise debolmente.
    «Ho passato più della metà della mia vita credendo di essere un problema e probabilmente lo sono, ma riconosco un cuore buono, quando lo vedo. E tu hai un grande, dolcissimo, buon cuore anche se ti nascondi dietro la facciata della stronza» replicò, accennando un sorriso.
    La informò della sua partecipazione a Your face looks familiar e la vide sorridere. Ridacchiò quando gli chiese se facesse il cantante solo quando non partecipava a qualche show e la sua risata divenne più forte nel sentire la fantasia di Emilie su di lui.
    Come Elvis... Beh, non era un'idea malvagia!
    «In realtà vorrei fare Andrea Bocelli come prima imitazione. Sai, parlare in italiano anche quando non ne conosco una parola potrebbe essere un buon modo per farmi prendere in simpatia dai giudici!» scherzò.
    Arrivato nel parcheggio sul retro del teatro in cui sua mamma si sarebbe esibita, Shedar posteggiò la propria autovettura, prima di voltarsi verso Emilie.
    «Okay io ti avviso: c'è qualche probabilità che le mie madri vogliano invitarti a cena con noi. Non ti sentire costretta ad accettare se non vuoi, ok?» mormorò con un tono che sperò essere rassicurante.
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    EMILIE GARDYNER

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    Sentendo quelle ennesime parole, Emilie alzò una mano aperta e la mosse verso di lui come se volesse suonargli un bello schiaffo in faccia – come gli aveva anticipato proprio prima – ma alla fine si limitò di dargli un altro pugno, nello stesso punto del braccio in cui gliel'aveva dato prima, ma stavolta più forte. E non gli importava di fargli male: al di là del fatto che se lo meritasse, dicendo quelle cose, anzi, anche solo pensandole, lui se ne faceva molto di più.
    « E se anche le persone ti guardano con pietà o disprezzo, a te cosa importa? Loro non sanno nulla di te, e non hai fatto nulla di male. Nascere non è stato un errore, e non sei stato tu ad uccidere tua madre, quindi levati quel pensiero dalla testa. Posso immaginare che sia difficile, ma santi numi: non sei colpevole di niente, quindi cerca di fartelo entrare in testa, oppure te lo scrivo in bigliettino, quella graziosa testolina te la apro io a suo di martellate e ce lo infilo dentro. » gli disse. E no, Emilie non era l'emblema del tatto e della delicatezza, ma le dispiaceva davvero tanto che pensasse quelle cose. Per quel che aveva potuto vedere, Shedar era una persona che non si meritava tutto quel dolore che invece provava. Le sembrava così fragile, come se bastasse un nonnulla per mandarlo in frantumi. Avrebbe tanto voluto ricoprirlo di polistirolo per proteggerlo dagli urti. Incrociò le braccia all'altezza del seno, mentre tornava a guardare fisso davanti a sé. Sollevò una mano per scostarsi un ciuffo di capelli che era già sfuggito dalla sua acconciatura altrimenti impeccabile. « E io non mi nascondo dietro una facciata da stronza. Io sono stronza. » aggiunse e, benché fosse davvero convinta di quelle parole, lo disse in tono scherzoso. Aveva paura di essere stata troppo dura, poco prima. Però erano cose che credeva veramente, e voleva che Shedar smettesse di pensare quelle cose di sé. Non era giusto che si portasse sulle spalle il peso di colpe che non aveva. « E poi, giusto per chiarire la questione e metterci finalmente la parola 'fine', almeno per stasera, scommetto che nessuno ti considera un problema, nemmeno io – il che è un onore, per te. Oh bé, a parte le case discografiche concorrenti, suppongo. Sì, per loro penso che tu sia un enorme problema in chiave di violino. » disse con un leggero sorriso sulle labbra, come se volesse incoraggiarlo a non pensare spesso a cose brutte. C'erano tante cose belle al mondo, perché non soffermarsi su quelle, invece?
    Fu felice di sentirlo ridere per la bizzarra idea che le era venuta quando lo aveva immaginato nelle vesti di Elvis. « Ah, se qualcuno lo scoprirà ti tirerai addosso l'ira di tutti gli italofoni! Fossi in te preparerei un ombrello bello grande per ripararmi dai pomodori che ti lanceranno addosso se la tua performance non fosse all'altezza! » lo prese in giro, per poi guardarlo con occhi grandi quanto i fanali della sua auto quando seppe dell'invito a cena.
    Cioè, aspetta, cosa?!
    « Come se potessi rifiutarmi! » esclamò lei, ma non con disappunto. Sì, era un po' – tanto – scioccata a quella notizia. Non le sarebbe dispiaciuto conoscere le madri di Shedar, ma insomma... Era fan di una delle due, e rispettava molto l'altra per ciò che aveva fatto a quell'approfittatrice di Moa – e temeva molto di fare la stessa fine, se non le fosse andata a genio. Decise di esprimere quel timore ad alta voce. « Non è che hanno già pensato di avvelenarmi, vero? » gli chiese, giusto per sicurezza – sai com'è, visti i precedenti.
    lhAq7mM
     
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16 replies since 3/3/2015, 17:26   260 views
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