Luci ed Ombre

Aaron e Lucifer

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    Aaron Hinchinghooke
    →Guardian →;SCHEDA I still feel all alone, I just wanna go home.©

    E mi domandavo stupito come mai, come mai qualcuno potesse fantasticare d'inquieti sonni, per coloro che dormivano in quella terra tranquilla
    Emily Jane Brontë




    Aprii lentamente gli occhi nella penombra della stanza, ritrovandomi a fissare il soffitto.
    Che cosa avevo sognato?
    Insonnito, voltai il capo verso la sveglia: erano appena le sei del mattino e avevo dormito si e no due ore. Emisi un breve gemito di disappunto verso me stesso, mentre mi tiravo a sedere, le coperte che mi si accartocciavano sulle gambe: avrei dovuto iniziare a prendere i sonniferi, se le cose avessero continuato ad andare così.
    Sospirai.
    Volevo che le cose andassero così?
    Guardai la boccettina di vetro poggiata sul comodino, colma di un liquido verde che uno sguardo innocente non avrebbe saputo riconoscere ma che avevo preparato con le mie mani: una miscela ottenuta mescolando lo stamonio comune, semi di ricino e belladonna.
    Se le cose si fossero messe troppo male, sarebbe bastato un sorso. La morte avrebbe colto un umano comune in meno di mezz'ora e speravo di essere altrettanto fortunato.
    Mi infilai la boccetta al collo, alzandomi.
    Ma chi volevo prendere in giro? Li sentivo, i segni della corruzione sulla pelle, l'oscurità iniziare ad allungare le sue dita: con o senza veleno sarei morto comunque in poco tempo, consumato da qualcosa che era molto peggio della morte stessa.
    La pazzia
    Quanto tempo ci sarebbe voluto prima che il dolce profilo di Annie sparisse del tutto dalla mia mente e i suoi occhi affettuosi e spaventati divenissero per me minacciosi? Quando il volto rassicurante di Liam sarebbe sparito dalla mia testa?
    Quanto tempo mi restava, ancora?
    Mi passai una mano tra i capelli, inspirando profondamente.
    Annie pensava che la malattia stesse consumando il mio corpo ma io sapevo che non era così. E che c'erano poche scelte, arrivati a quel punto: cedere al Male, mettendo il mio corpo e le mie conoscenze a disposizione del più Grande dei nemici che il mondo avesse conosciuto oppure...
    Strinsi la boccetta con le dita mentre mi guardavo allo specchio.

    Le belle giornate, a New York, sono sempre un toccasana.
    Il cimitero di Green-Wood, nella contea dei Kings - presso Brooklyn- mi era sempre piaciuto: non solo per quella monumentale cappella che sembrava splendere di luce propria, incombente ,ma mai minacciosa, sui visitatori del cimitero.
    Vi erano sepolte personalità importanti come Lorenzo de Ponte, librettista di Mozart, o Lola Montez, cortigiana di Luigi I di Baviera: forse non chi aveva fatto la storia, ma anime che la storia l'avevano quantomeno vissuta tra le seconde file, dopo i personaggi più importanti.
    Era lì che avevo fatto seppellire il corpicino di mia figlia.
    Mi inginocchiai accanto alla sua lapide, sormontata da un angelo piangente - Annie mi aveva trasmesso la passione per Doctor Who ed ero finito ad occhieggiare quella povera statua di marmo con sospetto- e ne accarezzai le lettere d'oro che componevano il suo nome.
    Aurore Elizabeth
    Poggiai dunque il giglio bianco che avevo comprato sul marmo, un lieve triste sorriso sulle labbra: era bello sapere che quella bambina non sarebbe mai sopravvissuta abbastanza per vedermi impazzire e perdere ogni singola goccia di senno.
    O per vedermi morire.
    Sentivo gli occhi lucidi, mentre osservavo quella tomba maledetta, sentivo una gran voglia di piangere e urlare.
    Ma ero il Capo Guardiano, in fondo.
    «Mi... Dispiace. Dico davvero. Avrei voluto che stessimo insieme, sai tua madre non ha esattamente quello stile di vita che ci si aspetterebbe da una che vuol crescere una bambina: certo, avresti comunque dovuto imparare a reggere un'arma e - uhm- non avrei potuto mai crescerti come una ragazza normale ma saresti stata un ottimo stimolo per andare avanti. Sai, penso che papà ti raggiungerà presto» ammisi. Mi chinai ad accarezzare la tomba fredda. «Ti voglio bene, ok? Dico davvero. Ci vediamo la prossima settimana»
    Ed era infinitivamente triste, raccogliere le proprie cose e doversene andare. Quella bambina era stata la promessa per un futuro che non avrei mai potuto avere - avevo sempre amato le famiglie numerose e avere dei figli miei mi... Esaltava, ecco- e sapevo che presto sarei soggiaciuto al suo fianco, per sempre.
    Fu mentre mi dirigevo al cancello del cimitero che sentii una bambina urlare mentre un uomo spingeva via la sua mamma e le strappava la borsetta: il ladro afferrò poi la bambina per un polso, facendo per trascinarla via.
    Fu allora che intervenni.
    Corsi più veloce che potei, parandomi tra il ladro e la sua via di fuga. Fu la sua sorpresa a venirmi in aiuto, dandomi il tempo di dargli un calcio sulle gambe che lo atterrò; feci cenno alla bambina di correre prima che l'uomo si rialzasse e mi si avventasse contro, un coltello in mano.
    Schivai la lama - che mi procurò un taglio al braccio- e gli sferrai una gomitata sulla nuca abbastanza potente da farlo svenire.
    Indietreggiai, ansimando, tenendomi il braccio da cui - nonostante tutto- fluiva copiosamente del sangue, poggiando poi la schiena all'albero lì vicino.
    Dannazione

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    LUCIFER
    →DEMON →MUSIC →SCHEDA I'm your worst nightmare©
    Lo scorrere dei secoli aveva fatto sì che la sua essenza rimanesse intrappolata nel profondo dell'animo umano, nel profondo della paura dell'animo umano. Era stato portatore di luce, un tempo, la stessa che poi aveva riconvertito in ombra, le stesse tenebre con le quali aveva eretto il suo regno, popolato da anime e demoni affini alla sua vera indole: al momento della ribellione non si era affatto considerato come portatore sano del gene maligno, quello era maturato poi con la sua cacciata dalla terra del Padre, un uomo che aveva davvero amato con tutto sé stesso. Eppure a cosa aveva portato il suo amore? Lo aveva solo ferito, facendolo soffrire amaramente per vari anni, facendo attecchire nel suo cuore d'angelo un seme nero come la pece.
    Lucifero, l'arcangelo portatore di luce, divenne da quel giorno il dio del suo regno, colui che avrebbe continuato a tentare le anime volubili di quegli aborti umani creati dal Padre, tendendo insidie e orrori laddove mancavano e mettendosi a capo di una schiera incalcolabile di seguaci, i suoi figli.
    Conosciuto dapprima come Lucifero, molti furono i nomi attribuitigli nei secoli, diversi in base al credo e al luogo: si parlava di lui nel vecchio e nel nuovo testamento, la chiesa riconosceva il suo passaggio negli occhi dei fedeli indemoniati e nelle azioni disumane che essi stessi, guidati per sua mano, commettevano.
    Come i suoi fratelli celesti possedeva una propria fisionomia, che a differenza di quest'ultimi era in grado di modificare a piacere, poiché insito era in lui il gene della tentazione: poteva manifestarsi sotto varie forme, Lucifer, era una delle sue tante capacità sviluppatesi in secoli di orrori e cupidigia, un potere che poteva tornargli molto utile.
    Non era stato difficile per lui assumere le stesse sembianze di Walter Cross, gentile e ingegnoso uomo d'affari che lavorava presso la Airport Company, uno dei più celebri aeroporti del paese. Lo aveva osservato per giorni, scoprendo con orrore come fosse in realtà un uomo con la fedina penale pulita e senza alcun particolare trauma: aveva una famiglia stupenda, due bambini, una splendida moglie e un lavoro che rendeva decisamente bene.
    Fu davvero un peccato per lui dover provocare quell'imperdonabile incidente automobilistico, che vide spegnersi le innocenti vite di figli e moglie: l'uomo era pertanto caduto nello sconforto, e quasi ogni giorno si recava sulle tre piccole tombe a portare fiori e a rimanere in disparte con i propri pensieri.
    Finché poi, alla fine, non aveva ammazzato anche lui, prendendo completamente il suo posto. Era stato gentile, dopotutto, a ricongiungerlo con la sua famiglia, sarebbero stati quattro bei angioletti e suo "Padre" li avrebbe di certo accolti come figli, dato che non aveva mai avuto il buon gusto di vedere la differenza tra i figli celesti e quelli terreni.
    Tuttavia, al momento, era altro che gli interessava, poiché il vero motivo per cui aveva speso tanta cura e dedizione per costruirsi un abili credibile, era strettamente collegato ad un solo e semplice nome: Aaron, il capo dei guardiani. Un uomo la cui anima era stata macchiata dal suo stesso sangue, viscoso e nero, che presto o tardi lo avrebbe condotto allo sconforto, alla pazzia e forse anche alla morte. In qualche modo gli apparteneva, il giovine, soprattutto dopo che il suo sangue sembrava avergli giovato per più di qualche secolo, introducendolo forse all'immortalità per tempo. Desiderava prendersi la sua anima, lo voleva sul serio, soprattutto dopo che aveva scoperto l'affare che anni prima aveva sigillato con sua moglie.
    Scoprirlo era stato inevitabile, per lui, e di certo non si sarebbe scomodato se non per riprendersi ciò che da sempre era stato suo. Per tutti questi motivi, quel pomeriggio Walter Cross si era diretto come sua solita abitudine al cimitero per trovare i suoi familiari, strappatigli dalla morte troppo presto.
    Si era calato bene nella parte, un'attore nato che avrebbe sicuramente vinto un oscar: attraversò a passo lento la stradina mattonata del cimitero, raggiungendo un luogo appartato e immerso nel verde, con molte aiuole e alberi.
    Le tre tombe giacevano poco davanti, con tanto di nomi, foto e una brevi dediche incise sul marmo delle lapidi, ai piedi delle quali vi erano fasci di fiori e ghirlande.
    Walter si piegò sulle ginocchia, gli occhi umidi e il volto tirato, sul punto di piangere. Dischiuse appena le labbra: il suo personaggio avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma la forza gli venne a mancare, mentre con le dita sfiorava la superficie della ruvida lapide.
    Era finalmente in procinto di parlare quando, delle urla, catturarono la sua attenzione: la seconda parte del piano era iniziata. L'uomo, lo stesso che aveva confuso e soggiogato qualche istante prima di entrare effettivamente nel parco, aveva eseguito alla lettera i suoi ordini, e quindi non si era risparmiato nel rubare la borsa della donna indicatele da lui stesso e, al contempo, prendere in ostaggio la figlioletta.
    A dire il vero, il buon vecchio Lucifer non lo aveva fatto solo per trovare un pretesto per la sua entrata in scena: in realtà voleva verificare, dato che era stato fuori gioco per un po', la prontezza di riflessi propria di un guardiano leggendario, come se avesse voluto appurare il mutamento di quest'ultimo nel tempo. E, a dirla tutta, si sarebbe aspettato decisamente di meglio dal capo dei guardiani, che in tempi remoti non si sarebbe mai fatto ferire tanto facilmente dalla comune lava del pugnale.
    Questo stava decisamente a significare che, in un modo o nell'altro, l'essenza del suo sangue stava iniziando a marcire.
    Secondo il copione, Lucifer alias Walter, accorse nella direzione dell'incidente proprio nello stesso momento in cui Aaron tramortiva il malfattore.
    -Si sente bene?- alzò la voce in lontananza, accelerando poi il passo fino a raggiungerlo definitivamente. Prima che potesse definitivamente scivolare a terra, nonostante l'appoggio del tronco, le sue forti braccia presero a sostenerlo senza sforzo alcuno, anche se sul suo volto appena corrucciato comparve un'impercettibile ruga dettata dall'inusuale azione.
    Lucifer lo aiutò piano ad adagiarsi a terra, spostando lo sguardo sullo sguardo insanguinato.
    -Diamine..- sussurrò appena, togliendosi la sciarpa lanosa che portava al collo e premendogliela sopra il braccio, legandogliela poi abbastanza stretta da fermare momentaneamente il copioso flusso di sangue.
    - Non sono un medico, ma l'ho visto fare in un film- ammise, sorridendo nervosamente. -Per il momento dovrebbe bastare, ma le consiglio di farsi vedere da un dottore... Magari posso darle uno strappo in ospedale! E' davvero un brutto taglio-
    E, ingenuamente, alzò lo sguardo dalla ferita, accarezzando piano i lineamenti del suo volto.
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    Aaron Hinchinghooke
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    Sin dalla sua creazione, l'uomo si barcamena tra due strade, così come esse si presentarono ad Ercole, del Bene e del Male.
    Lino, discendente del divino Apollo, era maestro di musica di Eracle. Il giovane allievo, rude nei movimenti, non era in grado di trattenere la propria forza fisica, distruggendo, letteralmente, la lira che avrebbe dovuto suonare. Lino, un giorno, non riuscendo a sopportare l'incredibile insensibilità musicale dell'allievo, lo rimproverò aspramente e lo costrinse a un severo castigo. Eracle, di carattere piuttosto focoso, sebbene inconsapevolmente, non riuscendo a trattenere la propria forza, colpì con la lira il maestro, che cadde morto a causa dell'urto.
    A causa di ciò Anfitrione - padre adottivo dell'eroe- fu costretto a mandarlo a vivere fra i guardiani dei suoi greggi, in montagna: qui Eracle si riconciliò col maestro Chirone e imparò dal saggio mentore non solo leggi scientifiche ma anche, e soprattutto, leggi morali. Cresciuto forte e bello, rimase presso le greggi del monte Citerone fino all'età di diciotto anni. Prima di ritirarsi da questa vita faticosa ma felice, durante una meditazione, Eracle incontrò sulla via due donne affascinanti, ognuna delle quali lo invitava a raggiungerla sul proprio cammino. La prima, di aspetto florido e stupendamente vestita, rappresentava il piacere e mostrava al giovane un sentiero erboso e idilliaco. La seconda donna, in abiti solenni, era invece il Dovere, che avrebbe condotto l'eroe presso un sentiero sassoso e terribile. Eracle, benché affascinato dalle proposte del Piacere, preferì seguire il Dovere, segnando tutta la sua vita al servizio dei più deboli.
    Ognuno di noi è chiamato ad una scelta, prima o poi. Ognuno di noi dovrà scegliere se servire il bene o il male, il Dovere o il Piacere: se mettere le proprie forze e le proprie abilità al servizio dei più deboli o usarli per ottenere qualcos'altro, qualcosa che - potenzialmente- potrebbe intaccare gli interessi altrui.
    Avevo imparato, tuttavia, che spesso il Destino si diverte a rimescolare le carte. E, mentre mi abbandonavo contro il tronco di quell'albero e ansimavo, preda di un dolore acuto e quasi insopportabile che non era fisico ma mentale e che mi urlava, supplicava, di uccidere quell'uomo e porre fine alla vita di un miserabile che aveva attentato alla vita di una bambina, lottando contro me stesso, mi resi conto che la via del Dovere fosse ancora più difficoltosa di quello che ricordassi.
    Mi sentii sorreggere da qualcuno ma non aprii gli occhi, sentendo la testa martellare preda di un furioso dolore.
    -Si sente bene?-
    La rispostaccia stava per uscirmi dalle labbra, pronta e fragrante come il pane caldo con marmellata al mattino, ma mi trattenni.
    Ovvio che sto bene, non vedi? Sto solo cercando di controllarmi dal commettere un omicidio in un parco!
    Diamine.. lo sentii sussurrare. Un momento dopo qualcosa premeva contro il braccio insanguinato e riuscii a controllarmi abbastanza da aprire gli occhi e fissare l'uomo che avevo davanti, intento a legarmi una sciarpa intorno al braccio.
    Non mi ero nemmeno reso conto del dolore, mi resi conto con stupore.
    - Non sono un medico, ma l'ho visto fare in un film. Per il momento dovrebbe bastare, ma le consiglio di farsi vedere da un dottore... Magari posso darle uno strappo in ospedale! E' davvero un brutto taglio-
    «Sto bene, posso medicarlo da solo» replicai. Sebbene fossi affascinato dalla figura che avevo davanti, una parte di me mi stava urlando di fuggire.
    «La ringrazio, dico davvero. Ho visto ferite peggiori, è solo un taglietto ed anche abbastanza superficiale» ma alle mie condizioni è come se mi fosse stato amputato il braccio. «Le devo una sciarpa, piuttosto» osservai con un sorriso cordiale, sebbene distaccato.

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    LUCIFER
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    La scrupolosità era radicata nel suo animo tanto quanto, un tempo, lo era stato l'amore verso quell'unico e grande padre che gli aveva dato la vita, con la sola differenza che tale sentimento si era ormai appiattito da secoli mentre l'ispida qualità continuava a germogliare come fiori di ciliegio a primavera.
    Sapeva attendere, Lucifer, gustarsi il suo momento, quell'attimo che sarebbe valso il gioco di tutta la candela, che avrebbe previsto molte vite sciolte nel calore rovente della sua cera. E, a pensarci bene, era proprio ciò che aveva fatto con il povero Walter Cross, che aveva avuto come unica colpa quella di ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
    Ma, d'altra parte, cos'era il sacrificio di una sola pedina se aveva dalla sua parte ancora re, alfiere e torri?
    In quel piano vi aveva riposto ogni cura, ogni dettaglio, ogni singola piccolezza che, se non studiata a dovere, gli si sarebbe potuto ritorcere contro, facendo così saltare l'intera copertura. E lui non voleva di certo questo, non prima del tempo. Non si era dunque fatto scrupolo a sacrificare un'ulteriore pedina della sua immensa scacchiera affinché rapisse quella bambina e provocasse il giusto scompiglio, mossa che gli avrebbe consentito non solo di appurare i riflessi della sua vittima, ma anche di stabilire con lei il giusto dialogo.
    Aveva bisogno di un'introduzione casuale, e l'aveva avuta.
    E, adesso, nulla importava poi tanto quanto saper recitare al meglio la parte del belloccio dall'animo buono e dai gesti alquanto fraintendibili.
    Dopotutto, non era forse Walter Cross colui che stava accuratamente stringendo la sciarpa intorno al braccio di quel pover'uomo accoltellato?
    - Sto bene, posso medicarlo da solo- replicò il guardiano, cercando di esser convincente. -La ringrazio, dico davvero. Ho visto ferite peggiori, è solo un taglietto ed anche abbastanza superficiale-
    Lucifer fissò ingenuamente la stoffa della sciarpa divenire rossastra, indice che la ferita non era poi tanto trascurabile come voleva far intendere il suo nuovo amico.
    - Suvvia, non dovete sentirvi in obbligo di fare il coraggioso e il masochismo non ha mai aiutato nessuno- sorrise, scuotendo il capo quando Aaron ammise scherzosamente di dovergli una sciarpa. -Che ne direbbe invece di un passaggio? Se proprio non vuole andare in ospedale, potrei accompagnarla a casa sua, ma in tal caso dovrebbe decisamente farsi medicare. E non glielo sto consigliando, sia ben chiaro!- continuò con fare quasi scherzoso, come per sdrammatizzare.
    Un'ombra d'impotenza si dipinse sul suo casto volto, facendogli abbassare lo sguardo.
    - Mi perdoni, neanche la conosco e... Sì insomma, devo averle fatto una pessima impressione, ma...- si interruppe un attimo, riprendendo fiato. - Me ne sono successe di così tante ultimamente che credo di aver contratto la sindrome del "paladino moderno"- rialzò i suoi azzurri su di lui, le labbra velate da un sorriso malinconico.
    - Walter Cross- si presentò poi, porgendogli la mano.
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    Aaron Hinchinghooke
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    C'era qualcosa, in quell'uomo così gentile, che accendeva un campanello d'allarme nella mia testa e che mi portava ad essere mansueto e sulla difensiva allo stesso tempo: era come se ci fosse una consapevolezza acquattata dietro i più remoti recessi del mio cervello che mi grattava le tempie, lottando per uscire alla luce.
    Eppure, ad una prima occhiata, quell'uomo sembrava essere del tutto umano. Triste, malinconico, dolorosamente gentile: ma apparentemente niente andava storto in lui.
    Era come una melodia ascoltata tanto tempo prima in cui, riascoltandola, c'era una nota stonata. Ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo affatto a cogliere ciò che non andava.
    - Suvvia, non dovete sentirvi in obbligo di fare il coraggioso e il masochismo non ha mai aiutato nessuno- peccato che coraggioso e masochista fosse esattamente ciò che mi descriveva. -Che ne direbbe invece di un passaggio? Se proprio non vuole andare in ospedale, potrei accompagnarla a casa sua, ma in tal caso dovrebbe decisamente farsi medicare. E non glielo sto consigliando, sia ben chiaro!-
    Mi chiesi a che gioco stesse giocando e se credesse davvero che sarebbe bastato un faccino attraente e due occhioni blu per farmi capitolare.
    Lilith mi dava della puttanella e sapevo di meritarmelo - l'essere stato innamorato di Micheal e poi l'essere andato a letto con lei ne erano prove inconfutabili, lo ammetto- ma non ero solito aprire la gambe al primo che passava.
    Perciò, decisi di stare al gioco, benchè mi sentissi stranamente confuso.
    -Ha davvero ragione- ammisi con fare colpevole.-E' che tendo decisamente a sdrammatizzare e... Non mi accorgo quando gli altri sono sinceramente preoccupati per me. Dal canto suo lei è così immensamente gentile e non saprei proprio come ringraziarla- aggiunsi, sfoderando un'aria timida.
    -Debbo tuttavia chiederle un favore. Abito piuttosto lontano da qui, potrebbe portarmi a casa sua? Il tempo di medicare questo taglio e sarò fuori dal suo raggio visivo in men che non si dica- soggiunsi, quasi scherzoso.
    Analizzare il nemico nella propria tana era una delle regole fondamentali che fondavano una qualsiasi caccia: bisognava guardare il proprio obiettivo muoversi nel proprio ambiente naturale e se sapeva chi fossi, cosa di cui non ero sicuro, allora volevo cercare di mettermi in pari.
    Mi perdoni, neanche la conosco e... Sì insomma, devo averle fatto una pessima impressione, ma... aggiunse, gli occhi pieni di dolore mal trattenuto. Me ne sono successe di così tante ultimamente che credo di aver contratto la sindrome del "paladino moderno"- mi confidò.
    Gli sorrisi.
    -Non si preoccupi- scossi il capo.-La capisco più di quanto immagina- ''o forse lo sa già'' pensai ma non lo dissi ad alta voce, osservandolo attento.
    - Walter Cross- si presentò, porgendomi la mano.
    -Aaron Hinchinghooke, ma la prego, salti pure il cognome- replicai dunque, cercamdo di alleggerire l'atmosfera improvvisamente pesante.
    Era come guardare me con occhi esterni. Affascinante ed inquietante, non c'era nulla da dire.
    lhAq7mM
     
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    LUCIFER
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    Il male, così come la velata oscurità che celava tutto ciò che l'uomo non conosceva o che non era in grado di spiegarsi, si rifletteva nell'animo attraverso le sue forme più invitanti: indugio, remore, esitazione e incertezze, facevano parte della vasta gamma di stati d'animo che Lucifer riconosceva come propria. Perchè, invero, era stato lui ad instillare nei cuori delle creature terrene quella piccolissima scintilla di odio e malvagità, che fin dalla notte dei tempi si era sfumata in piccoli pigmenti velati da mille sfaccettature.
    Sfaccettature che, in quel momento, poteva leggere negli occhi di Aaron Hinchinghooke. Aveva avuto fama di essere un uomo molto accorto e prevenuto, il buon guardiano, scrupoloso, attento, in grado di valutare con occhi critico e giudizioso anche la più fastidiosa delle situazioni. Nei suoi occhi, nel suo sguardo e perfino nel suo sorriso, riconosceva parte di quelle incertezze che avevano avuto origine dal suo stesso stato d'animo, quando era stato cacciato dal paradiso terrestre proprio dal suo stesso padre. E come non saper riconoscere e comprendere gli stessi sentimenti del quale era stato procreatore? Egli stesso li aveva provati per primo, ed egli stesso avrebbe, se soltanto avesse voluto, mettervi la parola fine. Nel corso dei secoli, tuttavia, aveva scoperto come quegli inusuali e insani stati d'animo lo facessero sentire bene, realizzato: li aveva usati come arma per secoli, mostrando al suo stesso padre quanto potesse essere debole e corruttibile il cuore delle bestie che aveva generato, come quanto poco fosse bastato per mettergli gli uni contro gli altri. Il Male si era instillato nella loro grezza natura fin dal morso della mela, fin dalla tentazione del serpente: poco importava se poi gli avessero schiacciato la testa e bandito ancora una volta anche da quel paradiso terrestre, poiché la soddisfazione di aver ragione e di continuare ad imporre il suo volere, era divenuto il suo scopo primario.
    Uno scopo che lo alimentava, lo faceva crescere, lo dissetava di un'insana voglia di richiederne ancora e ancora, instillando una dipendenza che non avrebbe mai potuto più fare a meno di generare scompiglio tra la razza umana e non.
    -Ha davvero ragione- ammise il capo dei guardiani. -E' che tendo decisamente a sdrammatizzare e... Non mi accorgo quando gli altri sono sinceramente preoccupati per me. Dal canto suo lei è così immensamente gentile e non saprei proprio come ringraziarla- continuò, sfoderando quell'aria timida che, secondo il suo parere, gli si addiceva più del dovuto.
    -Debbo tuttavia chiederle un favore. Abito piuttosto lontano da qui, potrebbe portarmi a casa sua? Il tempo di medicare questo taglio e sarò fuori dal suo raggio visivo in men che non si dica-
    Sulle sue labbra comparve un sorriso angelico, lo stesso che un tempo non avrebbe esitato a mostrare. Troppo bello per essere vero e troppo vero testimoniare a favore del male in persona.
    Nonostante la pacata diffidenza del guardiano, Lucifer sapeva di non dover temere affatto una sua possibile dichiarazione di guerra: aveva studiato tutto nei minimi particolari e, sebbene avesse voluto lodare Aaron per la scaltrezza dimostrata, aveva pensato anche a quel piccolissimo inconveniente.
    - Nessun problema!- si affrettò a rispondere, senza indugio, come un tempo avrebbe fatto lo stesso Walter Cross. - Casa mia non è troppo lontana, abito sul 127ma e, scansando il traffico, in circa una ventina di minuti dovremmo arrivare. E non deve affatto ringraziarmi, si figuri! Sarebbe potuto capitare a chiunque, anche a me, e mi avrebbe fatto decisamente piacere se qualcuno si fosse fermato ad aiutarmi- palesò, premendo con entrambe del mani sulle ginocchia e facendo così leva per alzarsi.
    -Aaron Hinchinghooke, ma la prego, salti pure il cognome- disse l'altro, presentandosi.
    Lucifer gli sorrise amabilmente offrendogli poi una mano, un po' per suggellare quella casuale conoscenza, un po' per aiutarlo ad alzarsi.
    -Cognome insolito, devo ammetterlo!- scosse la testa a sorriso sfoderato. - Non sembra di queste parti, o almeno non proprio di New York- continuò, a conversazione inviata, aspettando che l'altro accettasse il suo aiuto per poi dirigersi verso la sua vettura.
    lhAq7mM
     
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    Aaron Hinchinghooke
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    Casa mia non è troppo lontana, abito sul 127ma e, scansando il traffico, in circa una ventina di minuti dovremmo arrivare. E non deve affatto ringraziarmi, si figuri! Sarebbe potuto capitare a chiunque, anche a me, e mi avrebbe fatto decisamente piacere se qualcuno si fosse fermato ad aiutarmi-
    Lo ammetto, suonava convincente.
    Eppure, semplicemente, non era abbastanza: i demoni e i mutaforma sono creature abili e scaltre e io lo sapevo benissimo. Cosa sarebbe successo se un illustre appartenente ad una delle due categorie avesse studiato a fondo la vita di una persona, l'avesse pedinata, assunto i comportamenti e il modo di atteggiarsi per poi ucciderla e liberarsi del corpo?
    ... Esattamente per quello non mi fidai. Non era mia abitudine farlo con gli avvenenti sconosciuti, su tutto quando il mio intuito urlava che sarebbe stato meglio scappare: quell'uomo, con i suoi grandi occhioni azzurri e penetranti, mi suscitava emozioni diverse, tutte difficili da quantificare.
    Paura, terrore, certo. Ma anche una sorta di sicurezza, quasi come se lo conoscessi da sempre.
    -E' una fortuna, allora- replicai semplicemente, un accenno di sorriso sul volto del tutto cortese.-Beh, New York è la città del Peccato, dice qualcuno, subito dopo la bella Los Angeles. Gli americani in genere non sono molto cortesi col prossimo, così indaffarati nelle proprie vite da non rendersi conto di ciò che succede al di là del proprio naso- aggiunsi, scrollando le spalle.
    Quanti omicidi ignorati, donne stuprate di cui nessuno voleva o poteva accorgersi: l'essere umano è fuggevole, un insieme di vizi e virtù che nessuno può mai sapere quando verrano fuori con la potenza di una bomba.
    Da giovane, quando ero solo un cavaliere del Re, le cose per me erano così luminose; quando mi ero incupito così tanto da non vedere la luce oltre quel tunnel oscuro?
    La domanda mi mise addosso un'inspiegabile angoscia che, tuttavia, decisi di ignorare. Non mi servivano davvero, altre preoccupazioni.
    Ci presentammo ed accettai il suo aiuto per alzarmi, spolverandomi l'erba dai pantaloni. Mi sentivo già meglio.
    -Cognome insolito, devo ammetterlo! Non sembra di queste parti, o almeno non proprio di New York-
    Oh ma che senso dell'umorismo invidiabile
    -Inglese, infatti. New York mi ha chiamato per questioni lavorative: voglio aprire una casa editrice per le nuove proposte ed è un progetto che richiede soldi e tempo- replicai pacatamente, seguendolo.-Che lavoro fa lei?- chiesi poi.
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    LUCIFER
    →DEMON →MUSIC →SCHEDA I'm your worst nightmare©
    Diversamente da come lo dipingeva la credenza comune, Lucifer era sempre stato accorto e temperato, l'impulsività non si addiceva per nulla alla sua persona. Aspettare era una delle sue più alte qualità, soprattutto quando il gioco valeva la candela, come nel caso Hinchinghooke: gli occhi del guardiano, nonostante la forte base del suo alibi, suggerivano una palese indifferenza. Razionalmente fondata, doveva ammetterlo, ma non per questo avrebbe gettato la spugna mandando in fumo mesi di pura preparazione. Avrebbe invece continuato a tessere la sua tela con la stessa perizia e operosità di un ragno, una vedova nera che avrebbe attaccato la sua preda qualora avesse dimostrato anche un minimo di vulnerabilità, uno scorcio di debolezza nell'animo che avrebbe sfruttato nel migliore dei modi. Dopotutto, il male percorreva via imprevedibili e impervie, colpiva i deboli di cuore, coloro che da tempo avevano perduto la via, instillandosi nelle anime dei poveri diavoli terreni fino a corroderle, divorarle, senza risparmiarne la più piccola parte. Spesso, tuttavia, le tattiche più efficaci si rivelavano essere più semplici e, nel caso degli umani, esse comprendevano la vasta gamma dei sentimenti, l'amore incondizionato che si provava per i propri cari, un'amore che se deturpato avrebbe provocato fratture e danni all'anima assai più gravi di qualsiasi altra morte corporea.
    E questo, Lucifer, lo sapeva molto bene, giacché egli stesso aveva sperimentato simile sciagura molti secoli prima.
    -E' una fortuna, allora- replicò il suo interlocutore, sorridendo cortesemente. -Beh, New York è la città del Peccato, dice qualcuno, subito dopo la bella Los Angeles. Gli americani in genere non sono molto cortesi col prossimo, così indaffarati nelle proprie vite da non rendersi conto di ciò che succede al di là del proprio naso-
    E, in effetti, era piuttosto vero. Lucifer osservava da secoli e millenni il comportamento degli umani, lo aveva visto mutare nel tempo, ma la sostanza di fondo rimaneva sempre la stessa: l'egoismo e il desiderio di primeggiare sopra qualsiasi altro erano alla base della filosofia di quella specie maledetta, la stessa che era stata preferita a lui.
    -Il peccato si trova anche nelle cittadelle di periferia, con l'unica differenza che lì lo si deve saper cercare- ammise, ricambiando il sorriso mentre si alzava. - Fortunatamente, esistono sempre le eccezioni alla regola. O, almeno, mi piace pensarlo!- annuì, riferendosi alla buona fede delle persone. Un qualcosa che, in effetti, pensava sul serio ma che ostentava a palesare, poiché anche in fondo al cuore più puro era insita una briciola di oscurità.
    La conversazione si era poi riversata su semplici domande di cortesia e circostanza, nonché curiosità tipiche dettate da un accento che, ovviamente, non coincideva con quello più duro e chiuso proprio degli americani.
    -Inglese, infatti. New York mi ha chiamato per questioni lavorative: voglio aprire una casa editrice per le nuove proposte ed è un progetto che richiede soldi e tempo- replicò, con la stessa cortesia che si conviene ad un gentil uomo. Nel suo immaginario stereotipato, Lucifer aveva sempre inquadrato Aaron come massimo esempio di quell'amore cortese in voga nell'ormai trascorsa epoca medievale. Un po' per le fattezze, un po' per i sani principi che lo inquadravano protagonista di un'amore puro e disinteressato... Non sapeva spiegarselo neanche lui, ma alla fine poco importava.
    -Che lavoro fa lei?-
    Lucifer sorrise, puntando con noncuranza gli occhi sulla chioma dell'albero, inumidendosi appena le labbra prima di riportare lo sguardo sul suo interlocutore.
    -Lavoro presso la Airport Company, reparto contabilità- ammise, infilandosi una mano nella tasca del cappotto inglese. -E' un buon impiego, anche se le grane spuntano fuori come funghi praticamente ogni ora!- convenne, animando la conversazione come avrebbe fatto qualunque altro essere umano.
    Aspettò poi che l'altro si alzò.
    -La mia macchina si trova poco distante dal cancello di apertura, pensa di potercela fare o vuole che la aiuti?- si offrì poi, indicando la macchina con un cenno del capo.
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    Aaron Hinchinghooke
    →Guardian →;SCHEDA I still feel all alone, I just wanna go home.©

    -Il peccato si trova anche nelle cittadelle di periferia, con l'unica differenza che lì lo si deve saper cercare
    Gli rivolsi un sorriso: io che avevo vissuto così tante realtà, che avevo conosciuto lingue e popoli diversi - vedo i vostri sopraccigli alzati da qui, sporcaccioni!- sapevo benissimo che il peccato si annida nei cuori più puri.
    E' una scelta personale, capire a cosa apparteniamo.
    -Credo che il peccato si annidi in ogni cuore, in realtà. Forse nelle piccole comunità si preferisce fare finta che sia tutto perfetto, una bomboniera da esibire allo straniero o al turista che capita di là per caso- replicai, sovrappensiero, prima di abbozzare un sorriso.-Mi scusi, alle volte non penso a ciò che dico-
    Nonostante le maniere affabili di quell'uomo, c'era qualcosa in lui di... costruito, quasi come se mi trovassi davanti un attore così bravo da non lasciare capire se fosse o meno sincero.
    Ma ero un Guardiano. Sebbene diffidente, ero abituato a comportarmi cortesemente con chiunque; e su tutto, amavo andare fino in fondo ai misteri che mi circondavano. L'uomo che mi stava accanto aveva tutta l'aria di esserlo e si, magari peccavo un pò troppo di curiosità.
    Dove voleva andare a parare?
    -Lavoro presso la Airport Company, reparto contabilità rispose alla mia domanda sul lavoro e piegai le labbra, cercando di immaginarlo dietro una scrivania: mi risultava un pò troppo difficile. -E' un buon impiego, anche se le grane spuntano fuori come funghi praticamente ogni ora!-
    -Temo che le grane siano prorogativa di ogni impiego- replicai cortesemente, un sorriso gentile sul volto.-Ma sono ammirato: la gente trova contabilità piuttosto noiosa, se devo essere sincero- scrollai le spalle, non sapendo bene come esprimere il disagio che mi stava prendendo la gola.
    Era come trovarsi davanti ad un pezzo del proprio passato che si è cercato di occultare ma che torna prepotentemente ad emergere: un senso di malinconia e dolore che difficilmente si riesce a controllare e che confonde.
    -La mia macchina si trova poco distante dal cancello di apertura, pensa di potercela fare o vuole che la aiuti?-
    Risi.
    -Si sta proponendo di prendermi in braccio? Sono grande e grosso, okay magari non tanto grosso, posso farcela!- scherzai divertito, mettendomi in piedi.-Grazie per tutto quello che sta facendo per me- aggiunsi, piegando appena il capo.
    lhAq7mM
     
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