Ma non muoverti, voglio immortalarti così.

EmiliexMackenzie

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  1. latey1
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    MackenzieHarper "tumblr_m8gxp5Ol5z1r6fzito1_500
    character diary: race: Human || code © ängïë¨

    Mi ero rintanata in un locale un po’ fuori mano, o meglio: fuori dalla mia solita zona d'attacco. Volevo vedere facce nuove, fare nuove conoscenze e via dicendo. Ero tornata in Grecia, il giorno precedente, per via del piccolo problemuccio sorto in famiglia. Come nel medioevo, avevano deciso che mi sarei dovuta accasare con un tipo a me sconosciuto di buona famiglia, obliando completamente il significato della parola indipendenza. E come al solito, usavano il ricatto per farmi fare ciò che desideravano. Sul serio, non sanno con chi hanno a che fare? Credevano sul serio che me ne sarei stata buona ad osservare la mia vita libera volatilizzarsi? Evaporare in nulla? Avevano fatto male i conti, inoltre senza l’oste in questione: me. Avrei fatto la tipica scenetta della ragazza cattiva, fino alla fine, ed a quel punto sicuramente la famiglia del bel ragazzo avrebbe preferito un altro partito a me! Era un ottimo piano e stava andando tutto alla grande, stavo discutendo animatamente già con i miei parenti. Facce arcigne pronte a linciarmi mi osservavano, mentre io alzavo le spalle e rispondevo a tono, manifestando il mio parere a riguardo. Li sfidavo con il mio classico comportamento strafottente e menefreghista che avrebbe istigato alla violenza anche l’uomo più paziente del mondo; da tenere presente, anche, che la mia famiglia era conosciuta per la scarsa quantità di pazienza in circolo nel proprio corpo, e questo lo avevo di sicuro ereditato. Ecco spiegata la mia fretta nel recarmi nel posto in cui avrei incontrato la biondina – alias Emilie – per farle il ritratto promesso. Ero un’esperta in quel campo specifico, sin troppo dettagliata anche nei minimi particolari, ma sarei stata rapida per non rubare altro tempo alla mia nuova conoscente. Ci eravamo scambiate unicamente il numero di telefono, infine dei messaggini per stabilire data, luogo e orario preciso. La fretta nei miei passi era tangibile, ero già con cinque minuti di ritardo, tormentando il mio polso di continuo per osservare assiduamente l’orario puntatovi sopra. Altri tre minuti di ritardo. Sperando che non fosse già arrivata in spiaggia, decisamente prima di me, feci la mia entrata tra granelli di sabbia e assi di legno che mi avrebbero condotta alla figura minuta munita di una lunga chioma dorata e occhioni azzurrissimi che avrebbero fatto invidia a chiunque. Con borsa tenuta sulla spalla, jeans stretti e felpona -pronta a coprirmi dal fretto provocato dalla totale assenza delle maniche della canotta che avevo indossato senza starmene davanti all’armadio per scegliere chissà quale indumento (Dopotutto non vi era nessun matrimonio in arrivo o in corso..) – stavo per prendere posto accanto a lei, già comodamente seduta sull’asse che lascia penzolare sopra all’acqua i piedi. Sciolgo con una manata i capelli più spettinati del solito, dando loro un’aggiustatina veloce per tenerli più domati ed avere meno un’aria da svampita, ed infine mi rivolgo a lei, alzando una mano a mo’ di saluto. Ciao, Em. Scusa il ritardo, ho avuto un paio di imprevisti..
     
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  2. wisteria
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    EMILIE GARDYNERUj2qMwn
    character: diary: race: demigod || code © ängïë¨
    Emilie era una maniaca della puntualità. Detestava arrivare con più di tre minuti di ritardo rispetto all'orario stabilito, e su questo non transigeva. Non era una di quelle persone che fanno attendere le chi le sta aspettando solo per farsi desiderare. Al contrario era più morbida se gli altri tardavano, ma entro un certo limite: capiva eventuali imprevisti, il traffico newyorkese, ritardi dei mezzi di trasporto e quant'altro, ma non sopportava di aspettare per più di quindici minuti senza nemmeno un messaggio per avvisare. In caso contrario, Emilie sarebbe stata molto poco ben disposta verso quella persona, e una Emilie di cattivo umore è difficile da gestire. Da quel punto di vista, Mackenzie era arrivata in tempo, non aveva nulla da temere.
    Indossava un paio di jeans attillati che le mettevano in evidenza le gambe lunghe e snelle e una maglia a maniche lunghe con una fantasia floreale molto bella e delicata. Si era portata anche una lunga giacca nera che le arrivava fino a metà coscia, giusto nel caso in cui avesse fatto troppo freddo per non coprirsi con qualcosa. In quel momento però non era così, e la teneva semplicemente ripiegata tra le braccia. I lunghi boccoli biondi erano stati legati in una coda molto morbida che le ricadeva sulla spalla destra, più per evitare che si spettinassero troppo che per altro. Insomma, se doveva fare da modella, voleva essere impeccabile.
    Sentendo il rumore e le vibrazioni che dei passi frettolosi provocavano sulla passerella, si voltò alle proprie spalle in tempo per vedere Mackenzie che si stava avvicinando, per poi raggiungerla e sistemarsi accanto a sé.
    « Ciao a te, Mackenzie. » disse, per poi stringersi nelle spalle. « Lo immaginavo, tranquilla. Purtroppo però tra...» si interruppe per controllare l'orario sullo schermo del cellulare che teneva nella tasca della giacca, « ...due ore devo scappare assolutamente. Gli insegnanti di mio fratello hanno portato la sua classe in gita per tutto il giorno, e dopo devo scappare a prenderlo. Eventualmente nel caso non riuscissimo a finire, ci accordiamo per vederci un altro giorno, io non ho problemi di alcun genere. » assicurò.
    Ancora non riusciva a credere che lei, che di solito diffidava delle persone fino a prova contraria, avesse deciso di proporre ad una perfetta sconosciuta di farle da modella. Non era da lei, per niente. Però poteva darsi che, dopo tutti quegli anni di rigidità e responsabilità, quella metà divina di lei che cercava sempre di spingerla a fare qualcosa di assurdo, di eccessivo e folle, iniziasse a farsi sentire e ad avere la meglio su tutti i freni inibitori che si era imposta. Si dice che il sangue non è acqua – forse nel suo caso sarebbe stato più adatto dire che non era <i>vino - e probabilmente quella ne era la dimostrazione. Certo che avere Dioniso come padre, per una come lei, era una bella gatta da pelare. Ma perché non poteva avere un – non chiedeva tanto, uno su due – genitore biologico che non fosse un problema per lei? Era chiedere troppo?
    Tirò indietro le gambe che fino a quel momento aveva lasciato a spenzoloni oltre la passerella, con i piedi ad una decina o poco più di centimetri sopra il livello dell'acqua, e osservò Mackenzie col viso inclinato da un lato. « Allora, come funziona? A parte stare immobile come una statua, cosa posso o non posso fare? Parlare? Grattarmi il naso se inizia a prudermi? Respirare? » domandò con tono scherzoso. Anche se effettivamente sarebbe stata una noia mortale se non avessero neanche potuto chiacchierare un po' nel frattempo, ma capiva che se Mackenzie avesse avuto bisogno di un religioso silenzio per lavorare, le esigenze dell'artista andavano rispettate.
     
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  3. latey1
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    MackenzieHarper "tumblr_m8gxp5Ol5z1r6fzito1_500
    character diary: race: Human || code © ängïë¨

    Era difficile trovare persone così disposte a parlare di questi tempi. Quasi tutti correvano troppo, svolgevano una vita frenetica fatta di cose superficiali e nessuno si fermava a parlare, se non attraverso una scatola magica chiamata “cellulare”. Quindi era abbastanza sorpresa di avere davanti a sé una sconosciuta che stava prendendo il volo con le sue parole e a lei non dispiaceva ascoltare perché non era poi così brava come tutti sostenevano nelle relazioni sociali, non lo era mai stata ed avrebbe decisamente preferito non sembrare la tipica bambolina priva di risposte, quale – in fondo – non era. La sua parziale mancanza di sapere fare amicizia dipendeva da molte cose: assenza di fiducia in altre persone, conservazione della propria vita, segreti da nascondere, difficoltà nella comprensione di un mondo totalmente nuovo. Ricordava ancora i primi giorni quando aveva fatto tappa a New York; si sentiva più che fuori luogo… era nel suo peggior incubo. Adesso andava meglio con Lola, Julian e il resto della combriccola accanto, aveva imparato tante cose e poche erano cambiate come il suo accento duro di una greca trapiantata in terre americane e il suo fallimento nell’essere quantomeno decente a livello sociale. Nel frattempo Tess, non percependo nessun’aria negativa da parte di lei – cosa che inizialmente temeva, acquattò al proprio fianco lo zainetto contenente tutto ciò che occorreva per fare un dipinto quantomeno gradito e piacevole alla vista. Non voleva creare pasticci, ma la mattinata stressante aveva fatto sì che i dubbi sul proseguire della giornata nascessero senza far niente. Quando non c’era la sua Lolita, in genere, era Juls a marcare il territorio; i quali non la lasciavano mai vagare autonomamente in una città troppo grande per una semidonna come lei. “Questa umana è mia, cercatene una per conto tuo!”. Adoravo quel biondone e le sue frasi da papà orso.
    « Allora, come funziona? A parte stare immobile come una statua, cosa posso o non posso fare? Parlare? Grattarmi il naso se inizia a prudermi? Respirare? ».
    Rise alle sue parole, evidentemente nessuno aveva mai ritratto la sua figura; strano, tutto sommato, di bellezze rare come le sue non si vedevano spesso a New York. Prese un respiro, formulando una risposta che potesse essere utile ad Emilie, per poi procedere:
    Oh, naturalmente. Puoi parlare, grattarti e – senti, senti - persino respirare! Quando vorrai fare una breve pausa, basterà dirmelo. Giuro solennemente che non ci impiegherò più del previsto e, in men che non si dica, avrò terminato il disegno.
    Tirò fuori la matita, il foglio che poggiò sulla piattaforma dura di cui si armò prontamente e su cui tenne fermo il foglio bianco per evitare che il vento lo portasse via. Sfoggiò un sorrisone rassicurante alla biondina, neanche dovesse darle supporto morale, prima di incoraggiarla con un “Allora, che ne dici, possiamo iniziare?

     
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  4. wisteria
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    emilie_zpsegkxo3xwemilie2_zpsqfwpdh9s

    EMILIE GARDYNER

    →DEMIGOD →20 ANNI →SCHEDA Do you have any feelings deep inside your heart?©
    Raccolse le gambe al petto e appoggiò il mento sulle ginocchia mentre osservava Mackanzie prendere tutto il materiale necessario a realizzare il suo ritratto. A ripensarci l'idea di essere ritratta la imbarazzava un po', ma non ci trovava nulla di male. Aveva già precisato che non voleva vedere il risultato finale, benché sapesse che la ragazza che aveva di fronte era dotata di un grande talento artistico, alla faccia di quegli obbrobri che da un cinquantennio a questa parte spacciavano per opere d'arte. Nulla più che un ammasso di colori a caso nell'ambito dei quadri, di lamiere in quello della scultura. Preferiva di gran lunga lo stile neoclassico: forme realistiche e dolci, statue di un bianco immacolato, volti espressivi che lasciavano trasparire la drammaticità o il romanticismo che lo scultore voleva trasmettere, splendide nella loro semplicità.
    « Oh, naturalmente. Puoi parlare, grattarti e – senti, senti - persino respirare! Quando vorrai fare una breve pausa, basterà dirmelo. Giuro solennemente che non ci impiegherò più del previsto e, in men che non si dica, avrò terminato il disegno. »
    Chiuse una mano a pugno e alzò il braccio, come se quelle parole costituissero una grande concessione e una vittoria per l'intera umanità. Sorrise. « Wow, con tutte queste autorizzazioni mi sento quasi libera come una farfalla. » scherzò.
    Si trovava stranamente bene in sua compagnia. Di solito non lasciava che qualcuno che non conosceva si avvicinasse così tanto a lei, metaforicamente parlando. Normalmente mentiva, fingeva di essere ciò che non era per sondare il territorio, capire se poteva fidarsi o meno. Con Mackanzie invece le veniva tutto naturale come respirava. Ancora non sapeva se fosse una cosa positiva o meno, ma voleva comunque provare e dare fiducia a quel rapporto che pian piano si stava costruendo tra loro.
    « Allora, che ne dici, possiamo iniziare? »
    Emilie annuì con un cenno del capo. « Certamente. » disse, per poi portarsi una mano sulla guancia, col palmo che le copriva le labbra, con un fare pensieroso, mentre osservava il foglio ancora bianco. Poi spostò la mano, mettendosi a gambe incrociate e sollevò lo sguardo per osservare Mackanzie. « Devo mettermi in qualche posizione particolare? O assumere un'espressione precisa? » domandò. Voleva collaborare, non rendere il lavoro della ragazza straziante.
    lhAq7mM


    Chiedo scusa per il ritardo e la risposta striminzita, ma proprio non mi è venuto niente di meglio ç_ç Rimedierò nei prossimi post!
     
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3 replies since 8/10/2014, 13:24   236 views
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